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L’Iraq e l’offensiva contro il “terrorismo”, i pasdaran iraniani combattono con Baghdad

Due battaglioni sarebbero presenti nel Paese coordinati dal generale Soleimani, già leader della guerra contro Saddam. E Teheran apre a Washington nell’ipotesi d’intervento. Appello di Maliki: “Basta divisioni, lottiamo uniti contro l’Isil”. Dal ritiro Usa all’avanzata dei jihadisti, cronologia di una crisi

Qasem Soleimani
Qasem Soleimani
14 giugno 2014 | 13.12
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C’è la conferma: arrivano i pasdaran iraniani a combattere a fianco dell’esercito Baghdad contro la minaccia terrorismo in Iraq. E’ il generale Qasem Soleimani l’uomo inviato da Teheran per coordinare l’assistenza militare a Baghdad contro l’avanzata dei miliziani dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isil). Lo conferma ad Aki - Adnkronos International una fonte del ministero degli Esteri di Teheran a condizione di anonimato. Secondo la fonte, il generale si sarebbe recato in Iraq tra giovedì e venerdì scorsi e al momento almeno due compagnie di Pasdaran sarebbero presenti in Iraq al fine di fermare l’avanzata dei ribelli sunniti di Isil. Secondo la fonte degli Esteri, Teheran “non può permettersi di perdere la propria influenza sull’Iraq e pertanto continuerà a supportare, su tutti i fronti, il fronte sciita iracheno”.

Anche alcune fonti citate dal Guardian e dal Wall Street Journal hanno sostenuto che il generale Soleimani avrebbe visitato le autorità irachene, garantendo il supporto militare e logistico iraniano. La notizia era però stata smentita dal ministero degli Esteri iraniano, che ha confermato il sostegno politico di Teheran nei confronti del governo di al-Maliki, ma negato di aver inviato le proprie forze militari in Iraq. Il generale Soleimani è stato nominato nel 1997 comandante delle Brigate al- Quds del corpo dei Pasdaran. E’ uno dei più importanti ufficiali del sistema militare iraniano ed è molto vicino alla Guida Suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, che risale agli anni della guerra Iran-Iraq (1980-1988). Soleimani, prima di diventare comandante di al-Quds (sezione estera dei Guardiani della Rivoluzione), era stato uno dei principali comandanti dei Pasdaran durante la guerra contro Saddam Hussein. Dopo si è dedicato a combattere il traffico di droga al confine orientale del Paese con l’Afghanistan. Soleimani ha iniziato la sua carriera militare come un semplice membro dei paramilitari Basij subito dopo la rivoluzione del 1979. Date le sue qualità nella strategia militare e nell’intelligence, è riuscito a salire i ranghi militari in poco tempo, diventando oggi l’ufficiale più influente in Iran. Soleimani è stato e continua a essere molto importante nella politica estera iraniana in Iraq (particolarmente a Bassora) e in Afganistan (particolarmente a Herat) dal momento che le Brigate al-Quds sono il braccio estero dei Pasdaran che, a volte, riescono a determinare anche linee di politica estera della Repubblica islamica. Soleimani è un convinto fedele dell’Islam sciita e crede all’ideologia khomeinista.

L’Iran sta anche valutando l’ipotesi di collaborare con gli Stati Uniti per frenare l’ondata terroristica. Il presidente iraniano Hassan Rohani, nel corso di una conferenza stampa a Teheran, ha aperto la porta a Washington nell’ipotesi di un intervento contro “gruppi terroristici in Iraq e da altre parti’’. “Dobbiamo contrastare nella pratica e con le parole i gruppi terroristici’’, ha detto.

Il primo ministro iracheno Nuri al-Maliki ha rivolto agli iracheni un appello a unirsi per combattere l’avanzata dei miliziani dell’Isil mettendo da parte le divisioni su base etnica e religiosa. “Apparteniamo tutti a un unico Paese e a una sola religione’’, ha detto Maliki da Samarra, dove è giunto ieri per partecipare a un vertice sulla sicurezza e preparare la controffensiva dell’esercito contro i jihadisti. “Non ascoltate chi parla di sunniti e sciiti. Da Samarra inizieremo la battaglia per sconfiggere il terrorismo’’, ha detto. Parlando ai funzionari dell’esercito a Samarra, Maliki ha assicurato che “arriveranno volontari per sostenere le forze della sicurezza nella loro guerra contro le bande dell’Isil. Per loro questo è l’inizio della fine’’. Ieri la massima autorità sciita dell’Iraq il Grande Ayatollah Ali al-Sistani durante la preghiera aveva esortato gli sciiti a imbracciare le armi contro l’Isil.

Ma i jihadisti, intanto, avanzano. Conquistano città e villaggi nella provincia di Diyala, mentre l’aviazione irachena ha iniziato a bombardare alcune zone di Mosul, uccidendo decine di miliziani. Inoltre le forze della sicurezza irachena hanno ripreso il controllo di tre città della provincia di Salahudin. Si combatte a Tikrit.

Il ministro degli Esteri Federica Mogherini, intervistata da Rai News 24 sulla crisi irachena, ha detto che “c’è bisogno di un governo che tenga dento tutte le parti del paese”. In Iraq, dove la crisi non è giunta come “un fulmine a ciel sereno”, serve ora “capire la complessità della situazione e provare a mettere in moto dinamiche all’interno paese e soprattutto regionali, con l’Iran e i Paesi del Golfo, perché il Paese trovi una certa sicurezza e si consolidi il processo di transizione democratica”. ”Non sono gli interventi militari ad essere risolutivi, anche se possono essere necessari, quel che conta - ha precisato Mogherini - è che la comunità internazionale sostenga i processi di transizione democratica”.

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