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Caso Palamara, chiesto processo disciplinare per 10 magistrati

La procura generale della Corte di Cassazione ha concluso la prima fase dell'istruttoria a carico dei magistrati coinvolti nel caso. Il pg Salvi sul caso di Ferri, deputato di Italia Viva: "Serve ok della Camera su uso intercettazioni". E sulla vicenda nata dall'inchiesta di Perugia: "E' punto di non ritorno"

Foto Fotogramma
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25 giugno 2020 | 11.28
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La procura generale della Corte di Cassazione ha concluso la prima fase dell’istruttoria disciplinare a carico dei magistrati coinvolti nel caso Palamara e ha chiesto il processo alla sezione disciplinare del Csm per 10 magistrati, relativamente all’incontro avvenuto in un albergo di Roma in cui si discuteva di nomine ai vertici delle principali procure italiane. Lo ha annunciato in conferenza stampa il procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi.

Il giudizio disciplinare è stato chiesto oltre che per Luca Palamara, per i 5 ex togati del Csm dimissionari lo scorso anno, Antonio Lepre, Luigi Spina, Corrado Cartoni, Gianluigi Morlini e Paolo Criscuoli, Cosimo Ferri, l’ex pm romano Stefano Fava, l’ex pm della Dna Cesare Sirignano più due magistrati segretari del Csm, per uno dei quali la richiesta di giudizio disciplinare era già stata avanzata.

Per la posizione di Cosimo Ferri, magistrato in aspettativa e deputato di Iv, "abbiamo chiesto alla sezione disciplinare del Csm di chiedere l’autorizzazione a usare le conversazioni intercettate alla Camera’’, ha chiarito il pg della Cassazione, Giovanni Salvi, in conferenza stampa.

La procura generale della Cassazione, ha spiegato Salvi, sta ancora lavorando all’esame delle chat contenute nel telefono cellulare di Palamara. "Non è possibile parlare di numeri e nomi, neanche nei prossimi giorni, il lavoro deve essere completato - ha precisato - e non ci può essere alcuna anticipazione fino a quando le persone coinvolte non avranno avuto la notificazione dei provvedimenti’’.

Tra i punti contestati ai magistrati per i quali è stato chiesto il procedimento vi è quello dell'interferenza nell'esercizio dell’attività del Consiglio superiore della magistratura, in relazione all’incontro in un albergo romano per discutere di nomine ai vertici delle principali procure italiane. "L’elemento sta nel fatto che le scelte venivano esposte in relazione a condotte, richieste o temute, rispetto a posizioni processuali per favorire qualcuno o danneggiare qualcun altro", ha spiegato Salvi, per il quale la vicenda nata dall’inchiesta di Perugia "ha segnato un punto di non ritorno, quello che è successo è irreversibile".

"L’impatto sull’opinione pubblica è stato pessimo - ha sottolineato- ma c’è un gran desiderio di voltare pagina".

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