"Il presidente del Consiglio, a mio parere, ha tenuto saldamente il timone. Spesso mi è sembrato solo. Il mio auspicio è che inizi una stagione in cui componenti dell’equipaggio vengano scelti su base qualitativa. Altrimenti è naufragio certo". Lo afferma Alberto Zangrillo, primario dell'ospedale San Raffaele di Milano, in un'intervista a Il Giornale. Con Silvio Berlusconi, di cui Zangrillo è medico di fiducia, "abbiamo condiviso, con onestà intellettuale, che sul piano delle disposizioni utili alla tutela in fase di lockdown il governo non poteva comportarsi diversamente", spiega. L'Italia, continua, "ha giocato un ruolo scomodo di apripista nella battaglia contro un nemico non conosciuto. All’inizio ho preso atto delle decisioni governative, col tempo le ho apprezzate e devo affermare che le misure di tre mesi fa si sono rivelate corrette".
"Senza la sanità privata per cui lavoro da più di trent’anni - continua il primario - non ce l’avremmo fatta. Il nostro ruolo nella clinica e nella ricerca è vitale per il Paese". "Il codice etico e deontologico che quotidianamente rispettiamo è l’unico elemento pubblico del testamento del professor Giuseppe Rotelli", aggiunge.
Per Zangrillo "la sanità pubblica soffre come quella privata: quest’ultima è minata dal pregiudizio. Ciò nonostante abbiamo un servizio sanitario che ci viene invidiato da tutto il mondo. Con finanziamenti adeguati e un piano pluriennale strutturato saremo imbattibili".
Su una eventuale seconda ondata di contagi da coronavirus "ci sono tutti i presupposti per essere fiduciosi, il più importante dei quali è: combatteremmo contro un nemico conosciuto, questa volta senza farsi trovare impreparati", afferma ancora Alberto Zangrillo. "La comunità scientifica vera -continua- comunica da tempo lo stesso concetto: il virus c'è, il virus si sta adattando e sta soffrendo. Anche laddove ha dei ritorni di fiamma, viene affrontato e debellato".
In ogni caso ora, spiega Zangrillo, "dobbiamo incrementare le misure igieniche personali e mantenere le norme prudenziali. Le limitazioni devono essere coerenti con la realtà osservata in ospedale e nei laboratori delle grandi istituzioni ospedaliere. Il professor Clementi è uno straordinario scienziato, egli ha costruito la sua credibilità in quarant’anni, non in quattro mesi di televisione e mi tranquillizza da almeno due mesi".
Il primario del San Raffaele sottolinea che "nel mondo reale della medicina ufficiale con reputazione internazionale, la cura specifica non esiste. Abbiamo seguito le regole della sperimentazione clinica ottenendo risultati eccellenti. Ora possiamo dire di avere le idee molto più chiare sulle cure e soprattutto sul metodo per tutelare le persone più esposte e per applicare i protocolli di sorveglianza e terapia tempestiva. Il gruppo San Donato ha prodotto circa 180 ricerche pubblicate dai differenti settori disciplinari, 126 il solo San Raffaele".
Zangrillo torna poi sulle sue affermazioni secondo le quali il virus clinicamente non ci sarebbe più. "Chi ha la fortuna di poter studiare i dati di 6mila pazienti -dice- ha il dovere di comunicare in modo esatto e tempestivo. È quello che ho fatto e ora mi trovo in buona e numerosa compagnia. Le considerazioni di coloro che pontificano per sentito dire infastidiscono relativamente, soprattutto perché il tempo è galantuomo e alla fine la soddisfazione di aver narrato la verità tempestivamente ci ripaga di tutte le insolenze. Parlo al plurale perché quello che affermo è il frutto del lavoro e delle osservazioni del gruppo ospedaliero con la produzione scientifica più qualificata livello nazionale".
Il primario spiega di aver "avuto paura e non me ne sono mai vergognato, ho avuto paura per me ma soprattutto per i miei infermieri e i miei collaboratori. I pazienti sono sempre stati al centro della nostra azione, abbiamo capito da subito che chi arrivava in ospedale ci veniva affidato e aveva solo noi come riferimento. Il mondo in qualche modo ci guardava perché prima di noi c’era la Cina con tutti gli interrogativi che ancora oggi non hanno tutte le risposte".
Al San Raffaele, aggiunge, "abbiamo strenuamente lottato per ogni singolo paziente cercando di assicurare il massimo in coerenza con il quadro clinico complessivo. Chi ha teorizzato la medicina da guerra per stabilire dei limiti alle cure non dovrebbe mai lavorare con me".
"Quella che la regione Lombardia ha dovuto affrontare è la più grave ed insidiosa crisi dal 1929. Gli errori possono esserci stati da parte di tutti. La rabbia e l’angoscia di chi ha perduto le persone più care è più che comprensibile. Tutto deve essere analizzato scrupolosamente con l’obiettivo di non farsi trovare impreparati in futuro", ha detto ancora il primario.