Dal gruppo che ha lanciato l'idea ora all'attenzione dei sindaci un manuale tecnico su come cambiare le strade
Per la fase 2, la cosiddetta ripartenza dopo il lockdown da coronavirus, si fa strada l'idea di realizzare nelle grandi città italiane delle "reti ciclabili d'emergenza" per aiutare la mobilità urbana in previsione di una débacle del trasporto pubblico dovuta alla paura dello stretto contatto nei mezzi pubblici. Il primo a raccogliere l'idea è stato il sindaco di Milano, Beppe Sala, che proprio ieri ha aperto all'idea, lanciata da Bikenomist e ripresa da una quarantina di associazioni ambientaliste, tra cui Legambiente, Fiab e Salvaiciclisti. "Dovremo trovare con un po' di creatività il modo di permettere alle bici di muoversi per la città", ha detto Sala parlando della pianificazione di una mobilità nuova e accogliendo l'idea.
In un manuale tecnico messo a disposizione gratuitamente da Bikenomist, si viene ora a sapere che le ciclabili emergenziali costerebbero 8.000 euro al km: "è plausibile considerare il seguente computo estimativo: -si legge nello studio-: cancellazione linea di mezzeria 12 cm. (stimata continua); nuove 3 linee 12 cm. (stimate continue); 1 pittogramma ogni 10 m; 10 cartelli ogni km; 2 cartelli grandi 70 x100 ogni km; costo interventi: circa 8 euro/m", vale a dire meno di un milione, restando larghi per le classiche varie ed eventuali, per ben 100 km di ciclabili "leggere".
Lo studio è stato realizzato da tre architetti urbanisti, Matteo Dondé, Valerio Montieri e Paolo Gandolfi, quest'ultimo ex deputato Pd e padre della legge quadro sulla ciclabilità del gennaio 2018, firmata insieme al presidente dell'Anci e sindaco di Bari, Antonio Decaro. Al momento, apprende l'Adnkronos, lo studio è all'attenzione non solo di Milano ma anche di Roma, Napoli, Rimini e appunto Bari. Quattro le azioni individuate e descritte nel manuale: una gestione mirata del trasporto pubblico; la creazione appunto della rete di mobilità di emergenza per stimolare l’utilizzo di mezzi di trasporto veloci, leggeri e non congestionanti, quindi non solo bici ma il resto dei nuovi mezzi genericamente accomunati nella categoria "micromobilità", i monopattini per esempio; l’allargamento degli spazi per la pedonalità allo scopo di garantire il distanziamento sociale; gestione delle Ztl e politiche della sosta.