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Terremoto dell'Aquila, Curcio: "Mancano 4 miliardi per ricostruzione"

Il capo del Dipartimento CasaItalia: "Impegnati perché coronavirus non influisca"

Immagine di archivio (Fotogramma) - FOTOGRAMMA
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05 aprile 2020 | 14.21
LETTURA: 6 minuti

(di Assunta Cassiano) - Una ricostruzione che non può essere solo fisica ma anche del tessuto sociale, economico e culturale. Fabrizio Curcio, capo del Dipartimento CasaItalia, a undici anni dal terremoto che il 6 aprile del 2009 ha colpito L’Aquila e l’Abruzzo traccia in un’intervista all’Adnkronos gli obiettivi dell’ufficio diventato punto di riferimento del post emergenza, nella fase di ricostruzione e di rinascita dei territori colpiti dal sisma. “Il tema dello sviluppo nella logica delle ricostruzioni - sottolinea - sarà essenziale”.

“Per la prima volta nel Paese è stato individuato nel dipartimento il coordinamento delle varie ricostruzioni perché si abbiano criteri omogenei - spiega Curcio - E' un tema caldo perché mentre nelle emergenze c'è un coordinamento, nel post emergenza, nella fase chiamiamola di ripristino, di ricostruzione, di rigenerazione, insomma per ripartire è mancato un trait d’union delle varie situazioni. Il dipartimento Casa Italia, legge alla mano, è il punto di riferimento”.

“Per quello che riguarda il sisma del 2009 c'è una struttura di missione presso la Presidenza del Consiglio che ha ereditato le attività fatte dai vari commissari, una cabina di regia, una sorta di indirizzo e coordinamento delle attività sul territorio dei vari uffici speciali, in particolare dell'ufficio speciale dell'Aquila e di quello che si occupa della ricostruzione in cratere e fuori cratere. Oggi amministrativamente è la struttura di missione che fa questa attività. In prospettiva invece - sottolinea il capo del Dipartimento CasaItalia - anche per effetto della legge che è stata emanata a dicembre, il dipartimento CasaItalia è stato incaricato di questa nuova funzione, si sta riorganizzando presso la presidenza questo dipartimento che si occuperà del coordinamento di tutte le attività di ricostruzione presenti sul territorio”. L’esperienza aquilana, ricorda Curcio, “ha segnato molto della conoscenza dei termini di ricostruzione“.

Sulla ricostruzione del terremoto del 2009 secondo Curcio si può parlare di tre macro aree: la ricostruzione privata, quella pubblica e lo sviluppo. “Temi - spiega - che valgono per ogni ricostruzione. L'Aquila riflette tutte le problematiche che abbiamo sulla ricostruzione ma anche in generale”.

“Sulla ricostruzione privata i processi messi in piedi da tutto il sistema territoriale stanno dando risultati buoni dopo 11 anni, abbiamo una differenziazione importante tra l'ufficio del comune dell'Aquila rispetto agli altri territori: sul capoluogo siamo a un 70% di ricostruzione fisica, e confidiamo che in 3-4 anni termineremo, anche se l’emergenza legata al coronavirus potrebbe influire anche su questi processi, mentre fuori siamo a un 50%, una differenza dovuta alla complessità di approvare piani di numerosi comuni con caratteristiche anche storiche molto diverse tra loro".

Sulla ricostruzione pubblica invece - lamenta Curcio - siamo indietro, perché in effetti si scontano una serie di problematiche tipiche delle costruzioni e ricostruzioni del mondo pubblico, come le procedure di gara, i ricorsi, e qui abbiamo una situazione invertita: gli interventi con importi minori hanno procedure più semplici, mentre quando l'importo diventa rilevante il sistema soffre un po' di più. Questa situazione può essere utile per una riflessione a livello nazionale. E se già abbiamo problemi nella costruzione quando si tratta di edifici pubblici quando ci occupiamo di ricostruzione - sottolinea - i problemi si amplificano perché il numero degli interventi è maggiore“.

Per quanto riguarda il tema dello sviluppo, ”sull’Aquila sono stati stanziati 329 milioni, ci sono progetti che stanno andando avanti, in settimana ne abbiamo sbloccati altri - dice Curcio - questo è un tema di rilievo perché quanto fatto nell'aquilano è importante: la ricostruzione non può essere solo quella fisica degli edifici, ma è anche quella del tessuto sociale, economico e culturale. Il tema dello sviluppo nella logica delle ricostruzioni sarà essenziale”.

Sul fronte dell’utilizzo dei criteri antisismici, spiega il capo del Dipartimento CasaItalia, “dove si è ricostruito questo è avvenuto con i criteri migliori ad oggi conosciuti. Come vari esponenti sottolineano, non solo dal punto di vista tecnologico ad esempio, L'Aquila ha avuto un grande sviluppo. Anche dal punto di vista della sicurezza è una delle poche realta’ in cui noi sappiamo edificio per edificio quale è la situazione antisismica. Spesso in Italia parliamo di rischio ma solo con dati statistici, perché non abbiamo un'idea del rischio di ogni singolo edificio, su L'Aquila questo esiste, c'è una classificazione chiara, una digitalizzazione, dal punto di vista antisismico”.

Ad oggi, ricorda Curcio, “abbiamo risorse stanziate per 17,7 miliardi, assegnate per 16,4 e abbiamo ancora 1,3 miliardi che devono ancora essere assegnati, un piccolo serbatoio che in qualche modo ci consente di venire incontro alle esigenze di ricostruzione. E' stata fatta poi - prosegue- una ricognizione e possiamo dire che le esigenze che sono state stimate dagli uffici speciali si aggirano intorno a 5,7 miliardi. In sostanza abbiamo bisogno ancora di circa 4 miliardi che devono essere stanziati per la ricostruzione".

"E' un tema che è stato posto all'attenzione - spiega - non ne abbiamo bisogno domani mattina perché quegli 1,3 miliardi fanno da ammortizzatore, però è un tema che abbiamo posto perché a mano a mano che le pratiche vengono lavorate e i fondi assegnati si assottiglia il fondo”.

In quel 2009 Curcio era a capo dell’ufficio emergenze della Protezione Civile. “Il terremoto dell'Aquila è stato uno degli eventi cardine della protezione civile. Ci sono eventi nella vita dell'istituzione che segnano un prima e un dopo, quello lo ha fatto - dice Curcio- Molte delle attività successive della protezione civile, come ad esempio il volontariato e il rapporto con le forze armate, sono state fortemente segnate dal 2009, perché è stata un'esperienza importante e tante iniziative sono nate proprio dopo questa esperienza. E' stato uno spartiacque - spiega - come tutte le emergenze importanti, a valle delle quali si fanno riflessioni, anche perché le amministrazioni devono seguire i mutamenti della società. Si pensi solo che nel 2009 gli smartphone o i social non erano cosi’ diffusi, mentre oggi sono imprescindibili anche per la gestione emergenziale”.

”Da un punto di vista personale ero direttore dell'ufficio emergenze, per 10 mesi la nostra vita come quella di quasi tutti i colleghi si è fermata in una vita parallela - ricorda- si era legati a quella attività h24. In questo il sistema di protezione civile è rimasto immutato nel tempo, ci sono persone dedite, con passione e competenza. Sono momenti che segnano tutti noi, e che ognuno si porta nel bagaglio personale, per me oggi parlare di ricostruzione dell'Aquila è tornare in un territorio a cui sono legato".

Per il futuro dice Curcio “abbiamo bisogno di omogeneizzare le ricostruzioni, che non significa avere necessariamente gli stessi strumenti, perche’ il territorio è diversificato. Il terremoto del 2012, così come 2009 o 2016 e 2017 sono terremoti sempre drammatici ma che hanno avuto tre situazioni diverse. L'idea del codice è di arrivare a definire alcuni obiettivi di ripresa dei territori, che possono avere strumenti uguali ma anche diversi. L'assetto normativo deve tener conto degli obiettivi, non degli interventi da mettere in campo, perché gli scenari sono molto diversificati. L'importante è avere un set di strumenti disponibili, ovvero una serie di attività che vengono messe in piedi perché la comunità colpita ne ha bisogno in ogni caso".

"Poi - spiega - ci sono elementi che vanno diversificati, va fatta un'analisi del territorio o altrimenti si corre il rischio o di non ricostruire o di ricostruire cose che non servono”.

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