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Sea Watch-Salvini, è scontro

La Ong rifiuta il porto sicuro offerto dalla Libia: "Riportare i naufraghi a Tripoli sarebbe un crimine". Ira del ministro dell'Interno italiano: "Sembra un sequestro di persona". Ma la ong si difende, annuncia querela e attacca: "Italia promuove atrocità, vergogna". Direttiva del Viminale: "Sea Watch non entri in acque italiane"

(Afp)
(Afp)
13 giugno 2019 | 13.25
LETTURA: 7 minuti

E' scontro fra Sea Watch e il ministro dell'Interno italiano, Matteo Salvini, con annunci di querele da parte della ong e direttive ad hoc affinché la nave di soccorso ai migranti non entri in acque italiane. Prima ancora che venisse assegnato ufficialmente Tripoli come porto sicuro per lo sbarco dei 53 migranti soccorsi da Sea Watch 3 - assegnazione rifiutata dalla Ong -, i legali della Ong, Alessandro Gamberini e Leonardo Marino, hanno infatti annunciato una querela per diffamazione nei confronti di Salvini. Annuncio cui il ministro il Viminale ha replicato con una direttiva che diffida la nave ad entrare in acque territoriali italiane.
La direttiva dispone di "vigilare affinché il comandante e la proprietà della nave Sea Watch 3 si attengano alle vigenti normative nazionali ed internazionali in materia di coordinamento delle attività di soccorso in mare; rispettino le prerogative di coordinamento delle Autorità straniere legittimamente titolate ai sensi della vigente normativa internazionale al coordinamento delle operazioni di soccorso in mare nelle proprie acque di responsabilità dichiarate e non contestate dai paesi costieri limitrofi; non reiterino condotte in contrasto con la vigente normativa nazionale, europea ed internazionale in materia di soccorso in mare, di immigrazione, nonché con le istruzioni di coordinamento delle competenti Autorità".
Alle autorità di polizia il compito esecutivo "a partire da ogni possibile forma di diffida", si legge nella direttiva, intimando il "divieto di ingresso e transito nelle acque territoriali, in caso di eventuale avvicinamento dell’imbarcazione in acque di responsabilità italiane".

Tra le considerazioni introduttive della direttiva che preannunciano le disposizioni di "divieto di ingresso e transito" della Sea Watch 3 in acque territoriali italiane, viene spiegato che, secondo la Convenzione di Montego Bay, "un eventuale transito della nave nell’area marittima di competenza italiana in violazione delle disposizioni in materia di immigrazione si configurerebbe, necessariamente, quale passaggio 'non inoffensivo'".

Nel mirino la condotta della Sea Watch 3 che, in questo caso, ha rifiutato il porto di sbarco assegnato (Tripoli): "Anche in ragione del pregresso reiterato modus operandi - si sottolinea nella direttiva - può ragionevolmente evincersi l’intenzione dell’assetto navale di condurre attività analoghe alle precedenti condotte finalizzate al preordinato trasferimento in Italia di migranti in condizione di irregolarità, per le quali pendono procedimenti penali per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina".

La direttiva ricorda inoltre che l'attivita si soccorso in mare "incentiva gli attraversamenti via mare" e "può determinare rischi di ingresso sul territorio nazionale di soggetti coinvolti in attività terroristiche o comunque pericolosi per l’ordine e la sicurezza pubblica, in quanto trattasi nella totalità di cittadini stranieri privi di documenti di identità e la cui nazionalità è presunta sulla base delle rispettive dichiarazioni".

LA QUERELA - "A seguito del soccorso di 53 naufraghi da parte della Sea-Watch 3, il Ministro Salvini ha rilasciato, ancora una volta, innumerevoli dichiarazioni diffamatorie a mezzo stampa insultando la Ong e l’operato della sua nave; operato che si sostanzia, sempre, in legittima attività di soccorso e salvataggio. Occorre precisare che le autorità libiche non hanno dato alcuna indicazione alla nave della Ong da noi rappresentata la quale ha rispettato la vigente normativa internazionale che, come oramai noto, vieta il trasbordo e lo sbarco in territorio libico", hanno spiegato i due legali in una nota.
Il ministro, hanno aggiunto gli avvocati, "sa bene che fare rientrare chi fugge da guerre, violenze e soprusi in un paese che non è qualificato come 'Porto Sicuro', in costante guerra civile, costituisce una gravissima violazione dei diritti umani, del diritto del mare e del diritto dei rifugiati".

"Utilizzare l'importante ruolo istituzionale di capo del Viminale, in assenza di elementi oggettivi a supporto delle proprie asserzioni - hanno precisato Gamberini e Marino -, costituisce violazione delle proprie competenze e lascia, peraltro, perplessi sull'attenzione e le energie che il ministro ripone sull'attività svolta dalle Ong che oggi ha soccorso solamente 53 naufraghi quando, ricordiamo, ogni giorno arrivano decine e decine di persone a bordo di barche fantasma nonché, come nelle ultime settimane, di navi militari e mercantili. Inoltre, l'esito delle indagini rivolte sull'operato delle Ong smentisce categoricamente il ministro dell’Interno. Pertanto, in qualità di difensori della Ong Sea-Watch, i sottoscritti annunciano una querela per diffamazione a mezzo stampa nei confronti del ministro dell’Interno Matteo Salvini".

SALVINI - "Gli abusivi della Ong mi querelano??? Uuuhh, che paura. Per gli scafisti e i loro complici, i porti italiani sono e rimangono chiusi", la risposta sui social del ministro dell'Interno all'annuncio della Ong. Appreso il rifiuto della Ong allo sbarco in Libia, Salvini in mattinata aveva già usato parole durissime: "La nave illegale - aveva detto -, dopo aver imbarcato 52 immigrati in acque libiche, si trova ora a 38 miglia dalle coste libiche, a 125 miglia da Lampedusa, a 78 miglia dalla Tunisia e a 170 miglia da Malta. Le autorità libiche hanno assegnato ufficialmente Tripoli come porto più vicino per lo sbarco. Se la nave illegale Ong disubbidirà, mettendo a rischio la vita degli immigrati, ne risponderà pienamente". E ancora: "SeaWatch non vuole portarli in Libia? Allora spieghi perché ha chiesto a Tripoli un porto sicuro. E perché, dopo la risposta positiva, ha atteso per ore davanti alla costa africana. Aveva il via libera allo sbarco, l'atteggiamento della SeaWatch sembra un vero e proprio sequestro di persona per motivi politici. Polemizza col Viminale sulla pelle degli immigrati".

Ma non è tutto. In mattinata fonti del Viminale avevano parlato di "inutili sofferenze per gli immigrati a bordo della Sea Watch: da ore - senza motivo - sono fermi in mezzo al Mediterraneo. La Sea Watch ha chiesto a Tripoli un Pos e ha ricevuto risposta positiva". Secondo le fonti, la nave con a bordo migranti aveva "appena modificato la rotta dirigendosi verso la Tunisia anziché verso Sud. Si trova a 69 miglia da Zarzis, a 48 da Tripoli, a 124 da Lampedusa e a 176 da Malta".
"C’è preoccupazione per le persone a bordo - spiegavano le stesse fonti - tra cui alcuni bambini che potrebbero sbarcare al più presto come richiesto dalla stessa Sea Watch".

Dal canto suo, la ong aveva spiegato le sue ragioni del rifiuto in un tweet: "SeaWatch non sbarcherà i naufraghi in Libia. Tripoli non è un porto sicuro. Riportare coattivamente le persone soccorse in un Paese in guerra, farle imprigionare e torturare, è un crimine. È vergognoso che l'Italia promuova queste atrocità e che i governi Ue ne siano complici".

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