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Ismea: "Mercati all'ingrosso asset strategico per filiera agroalimentare più efficiente"

Giro d'affari di 10 miliardi

Foto d'archivio - (Fotogramma)
Foto d'archivio - (Fotogramma)
04 giugno 2024 | 13.02
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La rete dei mercati all’ingrosso in Italia sono un asset strategico per una filiera agroalimentare più efficiente e più equa. Snodi centrali nel commercio di prodotti freschi e freschissimi, con un importante ruolo nella valorizzazione delle produzioni locali e stagionali, nella tracciabilità di filiera e nella sicurezza igienico-sanitaria, i mercati all’ingrosso però in Italia rappresentano una realtà molto composita e frammentata, dove alla maggiore densità di strutture rispetto ai partner europei corrisponde un giro d’affari più contenuto, ma con un potenziale ruolo cruciale nel favorire un riequilibrio nella distribuzione del valore lungo la filiera agroalimentare. E' quanto emerge dall’indagine “I Mercati all'Ingrosso nella Filiera Agroalimentare” condotta da Ismea presso il network di riferimento di Italmercati, partner dell’iniziativa, presentata al Cnel nel corso di un convegno.

I mercati stanno evolvendo verso un modello di hub multifunzionale capace di offrire una molteplicità di servizi in aggiunta alla tradizionale funzione di intermediazione commerciale, logistica e stoccaggio delle merci. In Italia operano 137 strutture (numero sei volte superiore a quello di Spagna e Francia) ma con un giro d'affari inferiore (10 miliardi di euro rispetto ai 14 della Spagna e ai 12,5 della Francia) da cui transita circa il 50% dell’offerta ortofrutticola complessiva, il 33% di quella ittica e il 10% delle carni, quote che, ad eccezione dell’ortofrutta, risultano significativamente inferiori a quelle di analoghe realtà di altri paesi Ue.

"In una congiuntura difficile per le imprese, con ricadute soprattutto sulla tenuta dei redditi, schiacciati dagli alti costi di produzione, – ha commentato il direttore generale di Ismea Maria Chiara Zaganelli – i mercati all’ingrosso possono assumere un importante ruolo di stimolo per favorire un processo virtuoso, indirizzato a una più equa ripartizione del valore lungo la filiera e meno penalizzante per le imprese agricole, l’anello strutturalmente più debole. Su questo fronte la nostra indagine ha messo in evidenza i fattori di criticità che non consentono di garantire la presenza diretta degli agricoltori nei mercati all’ingrosso. Rispetto a questa esigenza i mercati potrebbero fornire servizi di supporto e di facilitazione ai piccoli produttori, anche con una diversa programmazione degli orari di apertura, un aspetto, quest’ultimo, segnalato anche da altri operatori". Le relazioni di Ismea e Italmercati sono state introdotte dal video messaggio del ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida e dai saluti del residente del Cnel Renato Brunetta.

Lo studio di Ismea, presso il network di Italmercati, fotografa dunque una rete di 22 strutture, distribuite in 14 regioni italiane e quantifica un giro d’affari di 115 milioni di euro, un valore che raggiunge la ragguardevole cifra di 11 miliardi se si considerano anche le attività delle 4.000 realtà economiche operative nei mercati, tra distributori, aziende agricole, bar, ristoranti, facility provider e servizi accessori, con il coinvolgimento quotidiano di 26 mila addetti.

Le strutture aderenti a Italmercati operano nelle immediate dei sistemi logistici, nelle vicinanze di uno svincolo autostradale, oltre la metà nei pressi di un aeroporto, il 50% vicino a uno scalo merci ferroviario, quasi un quinto in prossimità di un porto commerciale. Una collocazione favorevole anche rispetto alle produzioni commercializzate, con molte strutture che operano all’interno di distretti agroalimentari o di areali di produzione di qualità riconosciuta (a marchio Dop-Igp), a riprova dello stretto legame con le imprese del settore primario.

L’origine del prodotto che transita da questi hub commerciali è prevalentemente nazionale, con una quota rilevante di produzioni locali, provenienti cioè da una distanza massima di 100 km, ad eccezione delle carni, costituite per lo più da prodotti d’importazione. Più in dettaglio, le merci locali sono oltre la metà dei prodotti florovivaistici, un terzo degli orticoli e degli ittici, un quinto della frutta. Queste realtà, accanto alle attività strettamente connesse al core business, contribuiscono anche alla produzione di energia rinnovabile, con il 60% delle strutture che ha investito in questo settore con l’installazione di impianti in parte finanziati dal Pnrr. La previsione è di arrivare, entro il 2026, a una quota di energia autoprodotta pari a quasi la metà del fabbisogno. La sostenibilità è ulteriormente rafforzata dal comune impegno nella lotta agli sprechi, attraverso il recupero di prodotti invenduti, donazioni a enti caritatevoli e vendita diretta ai cittadini.

Tra i clienti dei mercati, la quota più consistente è rappresentata dai dettaglianti del circuito tradizionale (37%), seguiti dai retailer della distribuzione moderna (18%) e dei mercati rionali (17%). Rilevante anche la partecipazione di intermediari ed esportatori nazionali (11%) ed esteri (7%) e operatori del canale Horeca (6%), in particolare ristoratori, questi ultimi in crescita insieme a quelli della distribuzione moderna.

Nel corso del convegno si è svolta la tavola rotonda “Riforma dei Mercati e ruolo nella nuova Pac”, nella quale si sono confrontati alcuni dei protagonisti della filiera agroalimentare: Paolo De Castro, europarlamentare; Valentino Di Pisa, presidente Fedagromercati; Cristiano Fini, presidente Cia – Agricoltori Italiani; Massimiliano Giansanti, presidente Confagricoltura; Ettore Prandini, presidente Coldiretti; Paolo Cetorelli, presidente Esd Italia. All’evento è intervenuto anche il presidente dell’Ice Matteo Zoppas, mentre le conclusioni sono state affidate al capo di Gabinetto del Ministero dell’agricoltura Raffaele Borriello.

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