
Dazi sì, dazi no e i mercati ballano. Dopo giorni di calo - dal 2 al 9 aprile, in Italia, il Ftse Mib ha perso il 15% - le borse hanno festeggiato l'annuncio di ieri del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump di mettere in pausa per 90 giorni le tariffe reciproche nei confronti dei Paesi con il maggiore surplus commerciale, tra cui l'Unione Europea ma non la Cina i cui dazi sono saliti al 125%. Wall Street ieri ha chiuso in deciso rialzo con il Dow Jones a +7,87% e l'S&P 500 a +9,52% mentre oggi a Piazza Affari il Ftse Mib ha chiuso, dopo aver guadagnato in giornata l'8%, a +4,73%. Wall Street, invece, attualmente è in forte calo con il Dow Jones a -2,89%. E con un andamento così altalenante degli indici c'è sempre qualcuno che vince e qualcuno che perde anche se è ancora presto per fare un bilancio. Il messaggio di Trump su 'Truth social' di ieri che segnalava che era "un ottimo momento per comprare" lascia pensare che c'è chi potrebbe averne tratto profitto. Quello di Trump è stato un annuncio "poco ortodosso prima di un annuncio politico ma Trump ci ha abituato a questo tipo di cose", sottolinea all'Adnkronos Giorgio Broggi, Quantitative Analyst di Moneyfarm.
In seguito all'annuncio da parte degli Stati Uniti di una sospensione di 90 giorni sui dazi, la piattaforma Revolut ha registrato un significativo aumento del 32% dell'attività di trading in tutta Europa mercoledì 9 aprile, rispetto al volume medio di trading di quest'anno. Molti clienti, rileva Revolut, hanno visto il crollo del mercato come un'opportunità e hanno deciso di aggiungere nuovi titoli al proprio portafoglio. Venerdì 4 aprile nell'area See, si è registrato un aumento degli ordini di acquisto del 14,8% e lunedì del 7,3% rispetto all'attività di trading media giornaliera.
"Le speculazioni finanziarie sono già in atto. In un mercato dove i prezzi reagiscono prima ancora che i dati arrivino, dove bastano tre righe su un comunicato per invertire un trend, la speculazione non è l’eccezione. È la regola", spiega all'Adnkronos Gabriel Debach, market analyst di eToro. "In una fase così altalenante, in cui il sentiment cambia più rapidamente dei fondamentali, a dettare il ritmo sono gli investitori reattivi: hedge fund, desk macro, Cta. Per loro, la volatilità non è un problema. È materia prima da lavorare. Il 9 aprile ne è l’esempio più lampante: una sola frase è bastata a scatenare uno dei panic buying più violenti degli ultimi decenni. E chi era già posizionato, ha incassato in silenzio".
Anche a livello geografico, alcuni Paesi potrebbero cavalcare meglio le onde della geopolitica. "Gli Stati Uniti, ad esempio - spiega Debach -, stanno rivedendo al ribasso il rischio percepito: il mercato prezza meno tensioni tariffarie e torna a scommettere sul tech, sul dollaro, sull’eccezionalissimo americano. Il panic buying ha premiato prima di tutto Wall Street. Accanto agli Usa, a guadagnare posizioni sono anche quei Paesi che si trovano ai margini del conflitto Usa-Cina, ma sono abbastanza abili da sfruttarne le fratture. L’India in primis, poi Vietnam e Indonesia: economie che offrono manodopera, logistica, narrative interne forti. Alternative concrete a Pechino per chi deve ripensare le catene globali del valore".
Con l'annuncio dei dazi da parte dell'amministrazione Usa all'inizio di aprile tra i settori, il più colpito è stato l’energetico, su entrambe le sponde dell’Atlantico, affossato dal crollo del greggio, ma anche i materials, vittime designate del rischio recessione. "Ad essere colpiti -osserva Broggi, Quantitative Analyst di Moneyfarm - sono stati soprattutto i settori più ciclici tra cui l'energia, il settore della tech Usa ma anche il settore finanziario e quello automotive. E i settori che hanno perso di più con gli annunci dei dazi sono anche quelli che hanno guadagnato di più dopo l'annuncio della pausa di 90 giorni".
Negli Usa, osserva Debach, "a soffrire, più di altri, sono state le aziende con filiere produttive fortemente esposte ai Paesi del Sud-Est asiatico: Vietnam, Cambogia, Bangladesh. Nike ha segnalato rischi concreti legati all’inasprimento tariffario, proprio per la concentrazione delle sue catene produttive in quelle aree. Al contrario, realtà come Coca-Cola o Pepsi - grazie alla loro presenza produttiva capillare e localizzata nei singoli mercati - hanno mostrato maggiore resilienza: la loro obliquità industriale le ha rese meno vulnerabili agli shock commerciali globali", osserva l'analista di eToro.
Ora è difficile fare previsione su quello che succederà nel prossimo futuro sui dazi. "E' veramente difficile fare previsioni in questa fase in cui la volatilità è molto alta e l'incertezza resta elevatissima. L'amministrazione Usa - rileva Broggi - sta esprimendo una volontà maggiore a negoziare e ad essere pragmatica ma in 90 giorni tutto può succedere e bisognerà guardare ai rapporti tra Usa e Cina. Il pavimento minimo sembra essere attualmente al 10% ma l'amministrazione Usa cambia rapidamente i suoi parametri". L'annuncio di Trump di ieri "ha dato un po' di sollievo sui mercati ma oggi le borse europee sono andate bene ma meno positive rispetto a Wall Street ieri sera e attualmente a New York la borsa è in calo. C'è pressione di vendita perché c'è una forte incertezza". Per quanto riguarda invece i rischi di una recessione negli Stati Uniti la direzione sembra essere quella di una recessione tecnica con due trimestri di crescita negativi o vicini allo zero. "Per evitare una vera e propria recessione bisognerà vedere se la Fed interverrà con una politica più espansiva, se arriverà il nuovo budget annunciato da Trump e se caleranno i livelli di incertezza", osserva il Quantitative Analyst di Moneyfarm.
La sospensione di 90 giorni sui nuovi dazi, annunciata da Donald Trump, sottolinea Debach, "ha dato fiato ai mercati: il rischio di una guerra commerciale a tutto campo si è ridimensionato, almeno per ora. Gli investitori leggono la mossa come un possibile segnale di apertura negoziale. Non è una pace, ma una tregua tattica. E quando i timori peggiori svaniscono, i titoli più colpiti sono spesso i primi a ripartire, come abbiamo visto con il settore auto. Ma attenzione a non abbassare la guardia sulle tensioni Usa-Cina. Quella è la frattura vera".
Una guerra commerciale tra le due maggiori economie mondiali, spiega ancora l'analista di eToro, "non resta mai confinata: la Cina cercherà nuovi sbocchi di export in Asia, in Europa, nei Paesi emergenti; gli Stati Uniti, soprattutto nel settore tech, non possono ignorare il mercato cinese, che rappresenta una fetta rilevante di domanda globale. Quindi sì, i mercati oggi rimbalzano. Ma il gioco vero si gioca sulle relazioni Washington-Pechino. E lì, la partita è appena iniziata".