Il premier al Palazzo di Vetro a New York
Mario Draghi arriva al Palazzo di Vetro di New York con qualche minuto di anticipo. In sala dispensa sorrisi a chi incrocia, stringe la mano dell'inviato del clima statunitense John Kerry -arrivato nella general assembly hall per assistere anche lui al discorso di Joe Biden- poi si ferma a parlare col il primo ministro portoghese Antonio Costa, un 'antipasto' dell'incontro che li attende ad Alicante a fine mese per il Med. Tra i banchi statunitensi siede anche il Segretario di Stato americano Antony Blinken, ma tra i due non si crea l''occasione per uno scambio di battute. Magari ci sarà stasera, quando entrambi prenderanno parte al ricevimento offerto dal Presidente Usa ai Capi delegazione presenti all'Unga, all'American Museum of Natural a Central Park.
Intanto Vladimir Putin è tornato a far sentire la sua voce e a far risuonare le sue minacce, innanzitutto sul nucleare. E compie un passo in più verso il baratro di una guerra che non accenna ad arrestare: con un annuncio che spiazza, il leader del Cremlino richiama all'ordine 300mila riservisti, provocando proteste in decide di città e centinaia di arresti. Il Presidente Biden non si lascia spaventare, va all'attacco dall'Assemblea dell'Onu: "la Russia ha violato i principi della Carta delle Nazioni Unite" e "vuole eliminare il diritto dell'Ucraina di esistere", ha promosso "un referendum farsa" e avanza minacce sul nucleare: "quella guerra - avverte Biden - non va mai fatta".
Draghi ascolta con estrema attenzione, accoglie il discorso del presidente americano con un lungo applauso. La linea, del resto, è la stessa: sintonia piena sulla difesa di Kiev, sulla funzionalità delle sanzioni contro Mosca. Zero tentennamenti, mano ferma sull'appoggio incondizionato all'Ucraina. Che stasera, all'assemblea generale dell'Onu, tornerà a far sentire la sua voce, con l'atteso intervento del Presidente Zelensky. Parlerà in videocollegamento, sua moglie Olena lo udirà da New York, per lei un posto speciale nella sala dell'Assemblea generale. Dove anche Draghi tornerà a sedere per ascoltare il leader ucraino, altro segnale di vicinanza al presidente e al popolo.
Del resto la condanna dell'aggressione di Mosca, ma anche del referendum del Donbass, è stata netta da parte di Draghi, non meno dura di quella di Biden. Oggi dallo staff del premier italiano nessun commento ufficiale sugli ultimi affondi del leader del Cremlino, nonostante le ripetute richieste dei giornalisti al seguito del premier. Come se le parole pronunciate da Draghi ieri, durissime, non avessero bisogno di essere replicate per prendere più vigore.
"Aiutare l’Ucraina a proteggersi - ha detto ieri il premier, intervenendo quando in Italia era tarda notte - non è stata soltanto la scelta corretta da compiere. È stata l’unica scelta coerente con gli ideali di giustizia e fratellanza che sono alla base della Carta delle Nazioni Unite". Anche la scelta, sofferta, di inviare armi a Kiev, ha consentito all'Ucraina di difendersi, di fermare una guerra che Putin pensava di vincere "nell'arco di qualche settimana". Una scelta necessaria, dunque, perché "un’invasione militare pianificata per mesi e su più fronti non si ferma soltanto con le parole".
E in gioco, ha rimarcato Draghi, ci sono "i nostri ideali collettivi", oggi a rischio "come raramente era accaduto dalla fine della Guerra Fredda". La sintonia con le parole di Biden appare piena. Al momento, mentre a New York è ancora primo pomeriggio, non è ancora chiaro se i due si vedranno per un momento tutto loro. Difficile, visti i tempi stretti, la formula del bilaterale, ma ci sarebbero ancora i margini per un incontro a due, meno formale. Di certo, in agenda, al momento c'è solo il ricevimento al Museo di scienze naturali a Central Park, che stasera raccoglierà tutti i Capi di Stato e di governo giunti a New York per l'Unga.