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Ddl Zan, la leghista Faggi: "Non chiedo scusa a nessuno, solo al Signore"

Dopo il suo intervento di ieri in Aula, la senatrice non arretra di un passo

Fotogramma /Ipa
Fotogramma /Ipa
21 luglio 2021 | 13.54
LETTURA: 2 minuti

"Io non mi sento di chiedere scusa a nessuno, l'unico a cui posso chiedere scusa è il signore". Dopo il suo intervento di ieri in Aula, nel corso della discussione del Ddl Zan, la senatrice della Lega Antonella Faggi non arretra di un passo: "Siamo sotto questa volta celeste - dice all'AdnKronos - e se Dio ci avesse voluto 'altalenanti' ci avrebbe fatto in modo diverso".

"Se ieri avessero ascoltato tutto il mio discorso, le mie parole avrebbero avuto significato pieno e non 'surreale', come qualcuno ha detto", per quanto mi riguarda "ognuno può avere qualsiasi orientamento sessuale, come religioso e l'importante è tutelare tutti quando avvengono gravi episodi, al di là di sesso e fede". "Certo - accusa - se prendi due parole da un discorso articolato e fai un titolo quanto detto può sembrare surreale, ma non lo è". La senatrice di Lecco ribadisce: "Ho chiarito all'inizio del mio intervento che qualsiasi forma di discriminazione deve essere azzerata, vanno tutelati tutti, perché non ci sono cittadini di serie A e B".

La leghista punta a una educazione 'etica': "Ho depositato un ddl per l'Ethos, è quello il concetto che va insegnato dall'età infantile", dice ancora, sottolineando come invece questo non avvenga con il ddl Zan, "perché va bene sensibilizzare anche i bambini, ma bisogna per prima cosa insegnare l'etica, il rispetto del corpo e di tutto, poi si possono fare altri passi avanti". "Mi attaccano - spiega - perché ho toccato un nervo scoperto". "Touché - dice la leghista, utilizzando il temine francese che indica la stoccata - e qualcuno non sa come rispondere, perché non ci si può spingere oltre il buon senso". Il discorso torna al ruolo di Dio: "Non è possibile disciplinare la nostra natura, vanno disciplinate le cose che servono a tutelarci, non ci possiamo permettere di entrare nel merito di chi in alto ci ha fatto".

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