
"Il diritto alleducazione e all'avviamento professionale delle persone disabili previsto dall'art. 38 della nostra Costituzione del 1948 un unicum assoluto per le costituzioni del secondo '900
"Le parole sono lo specchio del mondo in cui viviamo, non sono mai neutre. Si riempiono di vita e di valore a seconda di chi le usa; per questo l'effetto che hanno cambia nel tempo. Una parola che cinquant'anni fa era usata comunemente, oggi può apparire oscena; così come una parola che appariva orribile e offensiva, oggi può essere utilizzata come lessico comune. Le espressioni 'minorato' o 'handicappato' appartengono a questo tipo di parole. Oggi ci ripugna usare queste espressioni e quando questo accade, spesso, è per offendere deliberatamente l'interlocutore". Lo sottolinea, in una dichiarazione all'Adnkronos, il professor Andrea Simoncini, ordinario di Diritto Costituzionale all'Università degli Studi di Firenze.
"Può sorprendere, allora, la lettura dell'articolo 38 della nostra Costituzione in cui è scritto che 'gli inabili e i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale'. Puntuale l'Enciclopedia Italiana Treccani è scesa in campo per affermare, nella voce 'Disabilità' curata dalla bravissima Elena Vivaldi, che questa espressione è coerente con la mentalità dell'epoca in cui la Costituzione fu scritta - osserva il costituzionalista Simoncini - ma oggi non è più conforme allo spirito ed alle finalità delle convenzioni internazionali. La questione ricorda il dibattito che non molto tempo fa si è scatenato sull'uso della parola 'razza' nell'articolo 3".
"L'assunto è senza dubbio condivisibile: le parole sono indicatori dell'uguaglianza - spiega il professor Simoncini - Possono stigmatizzare le differenze come patologie o ricordarci la ricchezza della nostra stessa umanità che si manifesta in tantissime forme, tutte ugualmente umane. Non vorrei però che questa pur giusta richiesta ottenesse un effetto paradossale - avverte l'illustre giurista - Potrebbe accadere, infatti, che, concentrati sul fatto che la nostra Costituzione parla di 'minorati' e non di 'disabilità', si dimenticasse il dato straordinario: e cioè che ne parla. Vorrei, dunque, cogliere questa occasione, per ricordare che l'articolo 38 della nostra Costituzione nel 1948 ha rappresentato un unicum assoluto per le costituzioni del secondo dopoguerra. Non tanto perché prevede il diritto costituzionale al sistema previdenziale ed assistenziale - già conosciuti da Bismarck in poi - ma proprio per questa concezione 'personalista' su cui si fonda e che emerge come carattere distintivo proprio in quel comma. Lì si dice, infatti, che la persona 'inabile o minorata' - e oggi lo diremmo in maniera certamente diversa - ha diritto all'educazione e ad imparare un lavoro! Non solo quindi ad una provvidenza economica assistenziale perché non potrà mai svolgere un impiego, ma si riconosce che partecipa a pieno titolo a quelle formazioni sociali in cui esprime la sua personalità, come afferma l'articolo 2 per tutti, indipendentemente dalle capacità. E' un cittadino, non un assistito; e per questo ha il diritto di sviluppare tutte le sue potenzialità attraverso le due relazioni fondamentali che consentono lo sviluppo umano: la scuola e il lavoro".
Oltre alla legislazione generale sull'assistenza e la previdenza, proprio da quel comma dell'art. 38, ricorda il professor Andrea Simoncini - sono derivate in questi anni le politiche sull'inserimento e il sostegno a scuola dei ragazzi e delle ragazze con disabilità - e 'rendendo effettivo questo diritto', più volte ha ribadito la Corte costituzionale in questi anni; così come le politiche per l’inserimento lavorativo obbligatorio di quelle che - con lo stesso stigma linguistico che oggi vogliamo combattere - sono state chiamate 'categorie protette'; ma che mirava comunque ad un passo in avanti rivoluzionario rispetto alla logica assistenziale e 'pietistica' con cui la disabilità è stata affrontata fino all'avvento della Repubblica".
"Giusto, dunque, rilevare che la parola 'minorato' usata dalla Costituzione oggi appaia fuorviante e debba essere cambiata - conclude il costituzionalista Simoncini - Ma attenzione a non alimentare, quand'anche involontariamente, una percezione svalutativa nei confronti di una Costituzione che sul tema della persona e della sua dignità integrale, rappresenta ancora oggi un riferimento imprescindibile per una società a misura d'uomo e per dettare la strada ad un legislatore non sempre all'altezza".
(di Paolo Martini)