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Virus Ebola sudanese, come si diffonde: studio italiano

Lo studio punta "a caratterizzare i modelli epidemiologici e l'evoluzione filogenomica delle epidemie di Sudv in Uganda, identificando i fattori chiave che influenzano la trasmissione e la gravità della malattia"

Medici con tuta protettiva (Fotogramma/Ipa)
Medici con tuta protettiva (Fotogramma/Ipa)
26 febbraio 2025 | 10.33
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Il virus ebola sudanese (Sudv) ha causato molteplici epidemie in Uganda negli ultimi due decenni, portando a una significativa morbilità e mortalità. Le recenti epidemie del 2022 e del 2025 evidenziano la minaccia in corso rappresentata dal Sudv e le sfide nel suo contenimento. Lo studio italiano in fase di pubblicazione condotto da Francesco Branda e Massimo Ciccozzi dell’Università Campus Bio-Medico di Roma insieme a Fabio Scarpa dell’Università di Sassari punta “a caratterizzare i modelli epidemiologici e l'evoluzione filogenomica delle epidemie di Sudv in Uganda, identificando i fattori chiave che influenzano la trasmissione e la gravità della malattia”.

“Abbiamo condotto uno studio osservazionale retrospettivo analizzando i dati epidemiologici e genomici delle epidemie di Sudv in Uganda tra il 2000 e il 2025 - spiega Ciccozzi all’Adnkronos Salute - I dati epidemiologici sono stati raccolti da fonti ufficiali, tra cui il ministero della Salute ugandese e l'Organizzazione Mondiale della Sanità, integrati con relazioni di organizzazioni di sanità pubblica. Il sequenziamento genomico è stato eseguito su campioni Sudv-positivi per indagare l'evoluzione virale e identificare le variazioni genetiche associate alla patogenicità e alla trasmissibilità. L'epidemia del 2022 ha coinvolto 164 casi confermati e un tasso di mortalità (Cfr) del 33,5%, con una significativa variazione geografica nella distribuzione dei casi. L'epidemia del 2025, ancora in corso, è stata rilevata per la prima volta a Kampala, con prove di trasmissione nosocomiale e comunitaria”.

"L'analisi filogenomica ha rivelato la presenza di due principali gruppi genetici, che rappresentano rispettivamente il Sudan e l'Uganda. La variabilità genetica del cluster ugandese è superiore a quella osservata in Sudan, il che suggerisce un maggiore potenziale di espansione, che si allinea con l'attuale epidemia", osserva lo studio.

"I risultati epidemiologici indicano che la mobilità umana, le debolezze del sistema sanitario e i ritardi nella rilevazione contribuiscono all'amplificazione dell'epidemia. I nostri risultati sottolineano l'importanza della sorveglianza genomica ed epidemiologica integrata per comprendere le dinamiche di trasmissione del Sudv - rimarca l’epidemiologo Ciccozzi - L'emergere ricorrente del Sudv evidenzia la necessità di una migliore preparazione all'epidemia, di meccanismi di risposta rapida e di collaborazione internazionale. Il rafforzamento della sorveglianza in tempo reale e il miglioramento della resilienza del sistema sanitario sono fondamentali per mitigare l'impatto di future epidemie".

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