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Irene Pivetti, chiesti 4 anni per evasione fiscale

Inchiesta su serie di operazioni commerciali, tra cui compravendita di tre Ferrari Gran Turismo

Irene Pivetti - (Fotogramma)
Irene Pivetti - (Fotogramma)
11 giugno 2024 | 14.19
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Condannare a 4 anni l'ex presidente della Camera Irene Pivetti accusata di autoriciclaggio ed evasione fiscale. E' la richiesta pronunciata in aula dal pm di Milano Giovanni Tarzia che ha chiesto altre tre condanne.

L'inchiesta vede al centro una serie di operazioni commerciali, in particolare, la compravendita di tre Ferrari Gran Turismo, che sarebbero servite per nascondere un'evasione fiscale. Irene Pivetti, in qualità di legale rappresentante di una società con sede in Polonia e di un'altra a Hong Kong, viene contestato, insieme agli altri indagati, di avere aiutato a evadere imposte per oltre 5 milioni di euro.

Per la pubblica accusa a Pivetti "non vi è possibilità" di riconoscerle le attenuanti: "Al contrario, perché è stata una persona che ha avuto modo di conoscere dall'interno le istituzione, ha rivestito la terza carica dello Stato, beneficia di un vitalizio pagato dai cittadini ed è quindi lecito pretendere il rispetto degli obblighi di legge". Inoltre c'è stata "un'assenza di collaborazione durante le indagini e ha reso una ricostruzione confusa".

A processo, oltre a Irene Pivetti, anche il pilota di rally Leonardo Isolani, la moglie Manuela Mascoli, la figlia di lei Giorgia Giovannelli, per ciascuno dei quali la pubblica accusa ha chiesto una condanna a tre anni. Per l'accusa l'ex presidente della Camera sarebbe stata consapevole "delle difficoltà finanziarie di Isolani" e l'avrebbe aiutato "a sottrarre i beni", come le tre Ferrari, dalle procedure di riscossione dell'erario. E avrebbe usato "mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l'accertamento e indurre in errore l'amministrazione finanziaria".

La stessa Pivetti avrebbe evaso tasse per circa 3,5 milioni, poi rimpiegati in attività imprenditoriali e finanziarie che le costano l'accusa di autoriciclaggio. Nella sua requisitoria il pm Tarzia ha spiegato "la natura simulata dei contratti" e di come "nessuna delle società coinvolte, tranne quella cinese, ha visto transitare i soldi sul proprio conto corrente". Irene Pivetti "si è servita di scatole vuote, di società del tutto inconsistenti dove è assente qualsiasi fattura" e per questo ne ha chiesto la condanna.

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