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Garlasco, ecco perché Stasi non ha chiesto la revisione del processo

Servono grosse novità. Gli approfondimenti su Sempio già una volta non sono bastati a riaprire un caso

Alberto Stasi (Fotogramma/Ipa)
Alberto Stasi (Fotogramma/Ipa)
19 marzo 2025 | 20.46
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Novità solo a parole, ma non nei fatti. L'omicidio di Chiara Poggi uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007 - delitto per il quale è stato condannato in via definitiva (rito abbreviato) a 16 anni di carcere l'allora fidanzato Alberto Stasi - torna a far discutere, ma le "novità" necessarie al condannato per chiedere la revisione del processo alla Corte d'Appello di Brescia mancano e così il 41enne, detenuto nel carcere milanese di Bollate, non può che attendere (salvo sorprese) il fine pena. La nuova indagine di Pavia su Andrea Sempio, amico del fratello della vittima, già indagato (e poi archiviato) per l'omicidio non cambia la responsabilità di Stasi. Per il codice di procedura penale per chiedere la 'riapertura' di un processo - su cui si è già espressa in via definitiva la Cassazione - occorre che dopo la condanna siano sopravvenute o si scoprano nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto. Gli approfondimenti su Sempio sembrano un déjà vu e già una volta non sono bastati a riaprire un caso che ha un colpevole.

Nel 2017 i giudici dalla Corte d'Appello di Brescia dichiaravano il "non luogo a provvedere" rispetto alle richieste della difesa Stasi che non aveva presentato formale istanza di revisione ma solo depositato alla Procura generale di Milano gli esiti delle investigazioni difensive (il Dna 'rubato' a Sempio che darebbe compatibile con quello trovato sulle unghie di Chiara Poggi), "chiedendo l'attivazione di indagini (che gli stessi legali indicavano come necessarie, cosi implicitamente reputando gli elementi raccolti dalla società di investigazione non autosufficienti ai fini della revisione dei processo)" e sollecitando (se ci fossero stati i presupposti dopo gli accertamenti) la richiesta di revisione allo stesso procuratore generale.

In quel caso la Procura generale di Milano aveva inviato gli atti alla Procura di Pavia che - sulla base della consulenza della difesa - aveva archiviato riconoscendo la credibilità nell'alibi di Sempio e l'assenza di suoi elementi che lo potevano collocare nella villetta di via Pascoli quando avviene l'omicidio della ventiseienne. Ora la doppia consulenza della difesa di Stasi - ancora il Dna e la messa in discussione sul numero di scarpe dell'assassino (una perizia certifica che è un numero 42 come quello che calza Stasi mentre Sempio ha il 44) - porta nuovamente la Procura di Pavia a fare ancora indagini di fronte a due dati, non sufficienti, per far chiedere a Stasi direttamente la riapertura del processo. Processo che di recente anche la Corte europea dei Diritti dell'Uomo ha stabilito essere stato equo.

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