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Franco Di Mare e il mesotelioma, 2mila casi all'anno in Italia

Si tratta di un tumore raro 'molto cattivo' che colpisce con maggiore frequenza gli uomini. Quasi sette su dieci sono dovuti a un'esposizione professionale

Franco Di Mare (Fotogramma)
Franco Di Mare (Fotogramma)
17 maggio 2024 | 19.14
LETTURA: 2 minuti

Duemila italiani l'anno si ammalano di mesotelioma, ricevendo la stessa diagnosi che è toccata al giornalista Franco Di Mare, 68 anni, morto oggi. Si tratta di un tumore raro, molto cattivo, come lo stesso Di Mare l'ha definito rivelando il suo male in un'intervista con Fabio Fazio a 'Che tempo che fa' domenica 28 aprile.

Il nostro è uno dei Paesi al mondo maggiormente colpiti dalle malattie legate all'amianto, in particolare il mesotelioma. Secondo il VII Rapporto del Registro nazionale dei mesoteliomi (Renam), a cura dell'Inail, dal 1993 al 2018 sono stati diagnosticati in Italia 31.572 casi di mesotelioma. Oltre il 50% si registra fra i residenti in Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia-Romagna (56,7%). Nel dettaglio il 72% dei casi censiti nel Rapporto Renam riguarda gli uomini. La percentuale delle donne passa dal 27,2% se si è vittima di mesoteliomi pleurici a 33,3% e 41% rispettivamente per il mesotelioma del pericardio e del peritoneo. In generale, i casi di mesotelioma alla pleura rappresentano il 93,2%, quello al peritoneo il 6,3%, mentre per gli altri due tipi di mesotelioma i dati sono irrisori. Il numero di vittime per questa patologia varia a seconda dell'età. Fino a 45 anni la malattia è rarissima (solo 1,4% del totale dei casi registrati), l'età media alla diagnosi è di 70 anni.

I dati ribadiscono come il 69,1% dei casi di mesotelioma è dovuto a una esposizione professionale. Solo il 5,1% è di origine familiare, il 4,3% ambientale e l'1,5% per un'attività di svago o hobby. Per il 20% dei casi l'esposizione è improbabile o ignota. I settori più colpiti sono l'edilizia (16,2% del totale della casistica), la metalmeccanica (8,8%), il tessile (6,3%) e le attività dei cantieri navali sia di costruzione che di riparazione e manutenzione (7,4%). Le attività più a rischio sono, infatti, la produzione di manufatti in cemento-amianto, la cantieristica navale, la produzione di freni e frizioni, la tessitura di amianto e la produzione di materiali isolanti.

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