Arriva la risposta alle parole dell'immunologo: "Ha passato due anni a sostenere che il plasma iperimmune non funzionava, ora deve ricredersi"
Prosegue il botta e risposta tra l'immunologo Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive dell'ospedale policlinico San Martino di Genova, e Le Iene. Ieri in un video su X Bassetti si era scagliato contro il programma di Italia 1 commentando un servizio che lo riguardava e parlando di "metodo Iene". Oggi arriva la replica del programma.
"Caro Prof. Bassetti, non siamo medici (come lei reclama) - si legge in una nota - ma non siamo stupidi e in questi mesi abbiamo parlato con tanti medici che non la pensano come lei. Ha passato due anni a sostenere che il plasma iperimmune non funzionava, e adesso deve ricredersi. E fortunatamente dichiara (cosa che non ha mai fatto prima) che se usato entro i primi 5 giorni 'può avere un ruolo'. Anche gli antibiotici se non li si usa per tempo e nel giusto modo non servono a nulla. Adesso lei puntualizza: 'Ma attenzione, il plasma iperimmune non è, come viene detto, un farmaco a costo zero'. Caro professore, non c’è niente che costa zero. Sicuramente costa 10 volte meno di una cura monoclonale prodotta da una multinazionale farmaceutica. Il plasma iperimmune - continua la nota - è stato donato dalle persone guarite, che hanno prodotto anticorpi che sono serviti a guarire altre persone. Il costo di questo procedimento è 80/100 euro a sacca. Per una cura completa servono mediamente 4 sacche".
"Il Prof. Bassetti - proseguono Le Iene - dice: 'Ci vogliono donatori, bisogna organizzare e non è così semplice'. Anche per andare a comprare un’aspirina in farmacia bisogna organizzarsi. Lasci fare ai medici dell’ospedale pubblico di Padova, che si sono organizzati benissimo e che hanno distribuito plasma iperimmune a 1500 esseri umani, non andando contro la scienza, curando un sacco di persone e disobbedendo a chi in questi anni di covid li ha combattuti da giornali e reti televisive unificate".
E concludono: "Fortunatamente oggi il virus sembra essere molto meno aggressivo, ma alla prossima pandemia, che nessuno si augura, questo sistema di cura dovrà esser preso in considerazione più seriamente".