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Alex Pompa, motivazioni della condanna: "Uccise padre con 43 coltellate, non fu legittima difesa"

Per i giudici l'aggressione con "l'utilizzo di sei armi non può dirsi in alcun modo inferiore, uguale o tollerabilmente superiore al male subito o minacciato"

Faldone in aula di tribunale - Fotogramma
Faldone in aula di tribunale - Fotogramma
11 marzo 2024 | 19.12
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Non fu legittima difesa. Per questo la Corte d’Assise e d’Appello di Torino ha condannato, ribaltando il giudizio di primo grado, Alex Pompa per aver ucciso, nell’aprile del 2020 a Collegno, il padre violento al culmine dell'ennesima lite familiare. A chiarirlo sono le motivazioni della sentenza con cui il 13 dicembre scorso ha condannato a 6 anni e 2 mesi di reclusione il giovane, che ora porta il cognome della madre.

"E’ del tutto evidente - si legge nella sentenza - che l’offesa arrecata al Pompa attraverso l’utilizzo di sei armi e l’inflazione di 34 coltellate non possa dirsi in alcun modo inferiore, uguale o tollerabilmente superiore al male subito o minacciato".

Secondo la Corte nell’agire di Pompa, “nessuno spazio può trovare un’ipotesi di eccesso colposo in legittima difesa, tenuto conto della sede dei colpi (almeno 15 coltellate in regione dorsale), della reiterazione degli stessi (34) e del numero di armi impiegate (sei coltelli) che depongono unicamente nel senso di una condotta francamente aggressiva".

Nell’escludere la legittima difesa i giudici rilevano, infatti, che i presupposti "sono un’aggressione ingiusta e una reazione legittima e mentre la prima deve concretarsi nel pericolo attuale di un'offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, sfocia nella lesione di un diritto tutelato dalla legge, la seconda deve inerire alla necessità di difendersi, all'inevitabilità del pericolo e alla proporzione tra difesa e offesa, non potendo, certamente, dirsi sufficiente al suo riconoscimento un pericolo eventuale futuro meramente probabile o temuto".

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