E più interesse a riorientare i modelli di business in direzione della transizione climatica ed energetica
“Registriamo una crescente consapevolezza delle imprese quotate italiane per il cambiamento climatico, perlomeno per quanto attiene alla mitigazione delle emissioni di gas serra. Assistiamo altresì al progressivo superamento della mera riduzione del rischio in favore di una revisione strategica dei modelli di business, non solo da parte delle imprese che appartengono ai settori industriali più esposti”. Lo dichiara Stefano Pareglio, professore ordinario e Independent Senior Advisor di Deloitte Italia, presentando i risultati di 'La disclosure climatica nelle società quotate italiane. Rapporto sullo stato d’attuazione delle Raccomandazioni della Task Force on Climate-related Financial Disclosures (Tcfd)', predisposto in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali dell'Università di Pavia.
L’indagine sullo stato d’attuazione delle Raccomandazioni della Tcfd è stata condotta sulla base di documenti pubblici aventi a oggetto la disclosure climatica di 236 società quotate, 212 delle quali appartenenti agli indici Ftse Mib, Ftse Italia Mid Cap, Ftse Italia Small e Ftse Italia Star. Dall’analisi condotta emerge che le società quotate italiane sono sostanzialmente in linea con i trend evidenziati dal rapporto globale '2021 Status Report' della Tcfd.
Rispetto agli anni passati, in particolare, si registra un forte aumento nella consapevolezza delle imprese rispetto alla materialità del cambiamento climatico, testimoniata dal crescente interesse a riorientare i modelli di business in direzione della transizione climatica ed energetica e dall’evidente maggiore disponibilità a rendicontare in modo trasparente sia gli impegni assunti che i risultati conseguiti.
Dal rapporto emergono tuttavia una serie di aspetti su cui è necessario agire più velocemente, che vanno dalle ridotte competenze dei consiglieri di amministrazione in materia di cambiamento climatico, all’ancora scarsa diffusione di misure di adattamento e di impegni per la carbon neutrality, fino alla ridotta incidenza del climate change nelle politiche di remunerazione.
“Il rapporto – continua Stefano Pareglio – mette in luce la necessità di un’ulteriore, significativa evoluzione della governance e degli strumenti necessari a gestire la transizione energetica e climatica. Competenza specialistica degli amministratori, evoluzione dei modelli di business, coerenza nell’allocazione del capitale, qualità e ruolo dell’analisi di scenario, impegno stringente alla carbon neutrality, adozione di misure di adattamento: sono ancora molti gli spazi di miglioramento per le società quotate, non solo nel nostro Paese”.
In dettaglio, dai risultati del Rapporto, emerge come la quasi totalità del campione (94%) riconosca ormai nel cambiamento climatico un tema materiale e il 70% integra i rischi e le opportunità derivanti dal cambiamento climatico nei propri processi di gestione del rischio. Risulta altresì che il 29% delle società possiede una politica di remunerazione con obiettivi legati al cambiamento climatico e che il 67% adotta processi atti a migliorare la prestazione della propria catena di fornitura, pur con diversi livelli di maturità. Anche l’azione di sensibilizzazione verso gli stakeholder si sta diffondendo: più della metà (57%) delle società quotate dichiara di svolgere campagne di sensibilizzazione sul tema del cambiamento climatico e della sostenibilità.