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Acqua, crescono gli investimenti ma ancora lontani dalla media Ue

Per il 2020-2021 si stima un valore pro capite di 49 euro (+22% in 5 anni) ma ancora lontano dalla media europea che è di circa 100 euro.

(Fotolia)
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21 marzo 2022 | 15.22
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Gli investimenti realizzati in Italia nel settore idrico raggiungono i 49 euro annui per abitante, in crescita del 22% dal 2017, mentre il Piano nazionale di ripresa e resilienza destina 4,4 miliardi per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento e la gestione sostenibile delle risorse idriche lungo l'intero ciclo. Di contro, il consumo pro capite di acqua potabile resta eccessivo rispetto alle medie europee, e si mantiene elevato il divario tra il Sud e il resto del Paese, nonché tra le gestioni industriali e quelle comunali 'in economia'. È il quadro che emerge dal nuovo Blue Book, la monografia completa dei dati del Servizio idrico integrato, realizzato dalla Fondazione Utilitatis in collaborazione con Cassa Depositi e Prestiti e Istat, i cui principali dati sono stati presentati oggi alla vigilia della Giornata Mondiale dell’Acqua con Utilitalia, la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche.

In particolare, con il trasferimento delle competenze di regolazione e controllo all’Arera, dopo anni di instabilità gli investimenti realizzati hanno registrato una crescita costante a partire dal 2012. Per il 2020-2021 si stima un valore pro capite di 49 euro, un dato in aumento del 22% rispetto al 2017 (40 euro per abitante) e di oltre il 47% rispetto al 2012 (anno dell’avvio della regolazione Arera), ma ancora lontano dalla media europea che è di circa 100 euro.

L’analisi della destinazione degli investimenti realizzati dai gestori evidenzia come l’obiettivo prioritario sia il contenimento dei livelli di perdite idriche che assorbe quasi un terzo degli investimenti realizzati (32%); seguono, tra i principali interventi, gli investimenti nelle condotte fognarie (21%) e quelli per gli impianti di depurazione con il 14%.

“Grazie anche all’impulso positivo della regolazione - evidenzia Stefano Pareglio, presidente della Fondazione Utilitatis - negli ultimi anni il comparto idrico si è messo in moto, segnando un deciso cambio di passo dopo decenni di investimenti del tutto insufficienti. C’è ancora da recuperare molta strada rispetto ai Paesi europei più avanzati, ma la presenza di operatori industriali che si occupano del ciclo idrico integrato, il sostegno offerto dal Pnrr e l’attenzione del regolatore consentono di avviare un percorso volto a colmare il divario infrastrutturale del Paese e tra le diverse aree d’Italia, e per raggiungere i migliori standard europei sul fronte sia degli investimenti che dei servizi offerti ai cittadini”.

Restano infatti ancora grandi differenze tra le aree del Paese. La stima degli investimenti realizzati dai gestori industriali nel biennio 2020-2021 è pari a 65 euro l’anno per abitante per il Centro, seguito dal Nord-Ovest (52 euro) e dal Nord-Est (48); decisamente più bassa la stima per il Sud, pari a 35 euro l’anno per abitante. Lo stesso dato crolla nelle gestioni 'in economia', dove gli enti locali si occupano direttamente del servizio idrico: qui gli investimenti medi annui si attestano a 8 euro, ben al di sotto dei 49 rilevati nel resto del Paese.

Da notare che sono più di 8 milioni le persone residenti in Comuni dove almeno un servizio tra quelli di acquedotto, fognatura e depurazione, è gestito direttamente dall’ente locale; di questi 5 milioni (63%) sono gli abitanti di Comuni in cui è l’intero servizio idrico a essere gestito direttamente dall’amministrazione locale.

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