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Accademico Tigray: "Franceschini salvi nostro patrimonio culturale devastato dalla guerra"

Mehari Taddele Maru chiede l'intervento dei 'caschi blu della cultura' in questa regione dell'Etiopia con siti millenari protetti dall'Unesco

(Foto Wikipedia - Ondřej Žváček)
(Foto Wikipedia - Ondřej Žváček)
21 febbraio 2021 | 11.14
LETTURA: 5 minuti

"Chiedo all'Italia, al ministro della Cultura Franceschini di prendere la guida della protezione del patrimonio culturale del Tigray" devastato dalla guerra. A lanciare questo appello, tramite l'Adnkronos, è il tigrino Mehari Taddele Maru, professore presso il Migration Policy Centre dell'Istituto universitario europeo, preoccupato dalla distruzione e dal saccheggio di monumenti, chiese e monasteri durante il conflitto in corso in questa regione dell'Etiopia.

"Il mio è un appello personale al governo italiano, l'Italia ha una relazione speciale con l'Etiopia e il Tigray, una relazione storica, culturale e di cooperazione allo sviluppo. Voglio anche ricordare l'obelisco che l'Italia ha restituito, rimandandolo dal centro di Roma ad Axum. E' stato un gesto esemplare dell'Italia", sottolinea il professore tigrino. "Ad Axum vi sono state atrocità dei soldati delle forze etiopiche ed eritree contro i civili che volevano difendere il loro patrimonio culturale", continua Mehari Taddele Maru, riferendosi alle notizie sui media internazionali di centinaia di morti in questa città.

"L'Italia ha una politica globale di protezioni dei patrimoni culturali"- continua il professore, citando l'iniziativa dei "caschi blu della cultura" lanciata proprio da Franceschini - "ma oltre a questo ha una responsabilità speciale per l'Etiopia e il Tigray. La mia richiesta personale è che l'Italia prenda la guida della protezione del patrimonio culturale del Tigray. La protezione dei siti Unesco, come Axum, è una responsabilità internazionale. Ogni attacco al patrimonio culturale, è un attacco alla civiltà, all'umanità, è un crimine di guerra".

Il conflitto scoppiato a novembre nella regione settentrionale etiopica del Tigray fra le forze del governo locale del Fronte popolare di liberazione del Tigray (TPlf ) e il governo centrale di Addis Abeba, nel quale sarebbe intervenuta anche l'Eritrea, ha provocato decine di migliaia di profughi e vittime civili ma anche messo in pericolo - con distruzione e saccheggi -un patrimonio culturale millenario fra i più importanti dell'Africa.

Secondo il Guardian, almeno 750 persone sono state massacrate mentre cercavano di difendere la chiesa di Santa Maria di Sion ad Axum dove, secondo la tradizione, è conservata l'Arca del'Alleanza, portata qui da Menelik, figlio di re Salomone e della regina di Saba, quando il tempio di Gerusalemme fu distrutto nel 586 prima di Cristo.

Ad Adigrat, la chiesa cattolica ha denunciato gravi danni alle chiese, una delle quali è stata usata come centro di comando militare e teatro di violenti combattimenti. Da Zalambessa arrivano notizie della distruzione della chiesa ortodossa di Cherkos da parte di truppe eritree. Immagini satellitari diffuse sui social indicano che lo storico monastero di Debre Damo, risalente al 14esimo secolo, è stato gravemente danneggiato da bombardamenti. E vi sono notizie che sarebbe stato poi saccheggiato. Catherine D’Andrea, direttore del progetto archeologico del Tigray orientale della Simon Fraser University in British Columbia (Canada), ha parlato di gravi danni alla moschea di Negash, risalente al settimo secolo. "Sembra che la struttura sia stata bombardata e le immagini dell'interno suggeriscono sia stata saccheggiata", ha detto, citata dal Guardian.

Intanto in Tigray la guerra non è finita, "ora c'è una seconda ondata di operazioni, ci sono combattimenti più forti che mai fra forze del Tigray, forze federali etiopiche e forze eritree. Questa volta non si combatte nelle città, ma nei villaggi rurali, significa che nessuno prepara i campi per il prossimo raccolto, che oltre all'attuale crisi umanitaria non ci sarà da mangiare l'anno prossimo', avverte Mehari Taddele Maru, secondo il quale l'unicasoluzione è "un intervento dell'Onu".

Le prima ragione è che "la probabile presenza di forze armate eritree in Tigray fa di questa guerra un conflitto sia civile che internazionale". Inoltre, continua il professore, il Tigray rischia "una carestia con 2,3 milioni di persone bisognose di aiuto di emergenza" e 4,5 milioni, pari al 67% della popolazione (cifre Onu) che hanno bisogno di assistenza. Vi sono due milioni di profughi interni e rapporti Onu e di altre organizzazioni che denunciano possibili violazioni delle leggi internazionali che vietano "di affamare i civili e le punizioni collettive". Così come vi sono notizie di "pulizie etniche" e "di un alto numero di possibili stupri".

Infine "l'Etiopia è così consumata dalla crisi in Tigray da non essere più una fonte di stabilità e sembra aver rinunciato al suo ruolo di peacekeeper regionale", sottolinea Mehari Taddele Maru, notando come si stanno verificando crisi e tensioni ai confini dell'Etiopia con Sudan, Kenya e Somalia.

Non c'è solo il problema della presenza di forze eritree in Tigray, "che rende difficile l'accesso umanitario". Nel Tigray del sud ovest, denuncia il professore, vi sono milizie di etnia Amhara al confine con il Sudan, dove ormai "c'è una guerra di fatto, anche se non dichiarata". Un conflitto dovuto al fatto, spiega, che gli Amhara, le forze federali etiopiche e quelle eritree temono che dal Sudan arrivi assistenza alle forze del Tigray.

Del resto, ricorda Mehari Taddele Maru, "dal Tigray sono arrivati in Sudan 67mila profughi, che si aggiungono ai profughi della regione etiope di Benisahngul Gumuz dove viene costruita la grande diga della Rinascita etiopica e vi sono altri combattimenti in corso".

Il governo etiope dice di essere pronto a lavorare con la comunità internazionale per alleviare le sofferenze del Tigray. Bisogna dunque "metterlo alla prova". "Molti membri del Consiglio di sicurezza Onu vogliono mettere il Tigray in agenda", afferma il professore, che si aspetta un impegno più attivo appena verrà confermata la nomina della nuova ambasciatrice americana presso l'Onu, Linda Thomas-Greenfield. Anche l'Unione Europea si è già attivata con la nomina di un inviato speciale per il Tigray, il ministro degli Esteri finlandese Pekka Haavisto, che deve far rapporto al prossimo Consiglio Ue.

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