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Mourinho ha dato tutto quello che poteva, De Rossi incognita e scommessa

Lo 'Special one' più condottiero che allenatore sul campo, Ddr per non rompere l'incantesimo

Mourinho a bordo campo
Mourinho a bordo campo
16 gennaio 2024 | 11.55
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José Mourinho resterà nella storia della Roma. Come un grandissimo del calcio che ha dato tutto quello che ha saputo e potuto dare a una squadra e a una città con cui si è identificato dal primo all'ultimo giorno, fino all'esonero. Ora è arrivato un altro pezzo, ancora più ingombrante, di storia della Roma: Daniele De Rossi è insieme una grande incognita, per aver allenato solo pochi mesi in serie B, ma anche una scommessa, per lui e per la squadra che porta nella vene. La Roma deve ripartire da quello che lascia un'icona del calcio come Mourinho e da quello che può portare un'altra icona come Ddr. Con una sostanziale differenza, uno ha allenato 30 anni e l'altro 3 mesi, ma anche con la consapevolezza che uno si porta dietro molto passato e l'altro ha tutto il futuro davanti.

Mou, quello che resta: l'uomo che ha rifondato il romanismo

Non è un allenatore qualunque che viene esonerato, è un uomo simbolo di un romanismo ritrovato e che non va disperso. Merito indiscutibile quello di aver riavvicinato una parte dei tifosi che mancavano all'appello, facendo dello stadio Olimpico un'arena sempre e comunque piena, non solo di spettatori ma anche di una passione totale, quasi identitaria. Roma, si dice da sempre, è una piazza difficile per fare calcio. Mourinho è stato l'allenatore che più di quelli che hanno vinto, Capello, o convinto, Spalletti, è stato capace di prendersi la piazza. L'ha capita, l'ha saputa riempire e sobillare, esercitando tutto il carisma che chiunque nel mondo del calcio, a partire da detrattatori e avversari, gli hanno sempre riconosciuto.

 

Mou, quello che è mancato: i limiti di un grande gestore di campioni

Diversa l'analisi del Mourinho allenatore. In due anni e mezzo, sono pochissime le partite che la Roma ha giocato con contenuti tecnici e tattici che andassero oltre una generosa predisposizione alla battaglia sportiva, peraltro sparita in diversi momenti chiave, o ai lampi dei pochi campioni sui quali ha potuto contare, Dybala più di Lukaku. L'equivoco di fondo è stata la scelta di affidare a un grande allenatore, che ha avuto sempre bisogno di grandi giocatori nella sua carriera per vincere tutto quello che ha vinto, rose di giocatori normali che avrebbero avuto bisogno di una guida che insegnasse calcio. Così come non ha aiutato una gestione della società, con evidenti lacune manageriali e di comunicazione, che lo ha lasciato sostanzialmente solo. Restano, sul piano dei risultati, una Conference League vinta, una finale di Europa League e due campionati e mezzo mediocri.

Ddr, l'unico nome possibile per non rompere l'incantesimo

Scegliere Daniele De Rossi vuol dire per la Roma correre un rischio oggettivo, per la pochissima esperienza in panchina, ma anche investire, più emotivamente che economicamente, sull'unico nome disponibile capace di non rompere l'incantesimo nel rapporto con i tifosi. Ddr ha, per la sua storia con la maglia della Roma, per quello che è stato e per quello che rappresenta, un'apertura di credito nel solco del romanismo. Potrà fare bene o male ma sarà sempre e comunque dalla parte della Roma e dei suoi tifosi. Chi lo conosce scommette sulle sue potenzialità da allenatore e lo ritiene capace di prendere in mano la situazione anche da un punto di vista tecnico-tattico. Solo il campo potrà dire se sarà così o meno. Quello che da subito, ora, si può dire è che i Friedkin hanno fatto con De Rossi la scelta più digeribile dalla piazza e meno rischiosa. Male che va c'è il rischio di bruciare un giovane e promettente allenatore, rischio che lo stesso De Rossi ha accettato consapevolmente di correre. Bene che va, la Roma trova l'allenatore giusto per andare oltre Mourinho. (Di Fabio Insenga)

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