Chris Froome, il doping e gli hacker russi. Il ciclista britannico, plurivincitore al Tour de France, è finito nella rete dell'antidoping dopo la positività al salbutamolo riscontrata nell'ultima Vuelta, vinta dall'alfiere del team Sky. Froome, che non è stato sospeso dall'Unione ciclistica internazionale (Uci), si è giustificato dicendo di aver assunto la sostanza nell'ambito delle terapie anti-asma indicate dal medico. La vicenda, che coinvolge il nome più altisonante del ciclismo attuale, riporta alla ribalta il dibattito relativo al confine sottile, spesso fumoso, tra doping e assunzione lecita di farmaci.
Un tema a cui Froome è stato già associato in passato per la documentazione diffusa sul web lo scorso anno dagli hacker russi del gruppo Fancy Bears dopo la violazione di un database della Wada, l'agenzia antidoping internazionale. Gli hacker, in particolare, per quanto riguarda Froome hanno pubblicato 4 certificati per l'esenzione terapeutica relativa al corticosteroide, il prednisolone, che l'atleta ha assunto nel maggio 2013 e nell'aprile 2014.