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Buffon: "Messi mi ha fatto capire cosa rappresento. Potevo andare al Barcellona…"

L'ex portiere della Juve, campione del mondo con la Nazionale nel 2006, ha presentato a Milano il suo libro “Cadere, rialzarsi, cadere, rialzarsi”

Gianluigi Buffon
Gianluigi Buffon
19 novembre 2024 | 20.34
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Il perché del titolo è tutto in un aneddoto. "Restare alla Juve in Serie B è uno degli esempi del cadere e rialzarsi. Fu una scelta non facile e credo di aver perso qualcosa a livello professionale, ma quella decisione mi ha permesso di tornare a casa, guardarmi allo specchio ed essere orgoglioso di me stesso". Gianluigi Buffon, una vita tra i pali da leggenda della Juve e della Nazionale, ha aperto così la presentazione di “Cadere, rialzarsi, cadere, rialzarsi”, alla Mondadori in Piazza Duomo, a Milano. "Lì è venuta fuori l’energia con cui ho affrontato le sfide successive. In quel periodo ci sono stati momenti complicati. Uno sportivo cerca di portare a casa risultati e per 3-4 anni è stato difficile. Poi, la provvidenza ci ha mandato Andrea Agnelli, Marotta, Paratici e Antonio Conte. E tutte quelle soddisfazioni le ho raccolte dopo, è stato ancora più bello".

“Cadere, rialzarsi, cadere, rialzarsi”

Di fronte a centinaia di tifosi arrivati da tutta Italia (qualcuno, addirittura, ha raccontato di essere partito all’alba dalla Sardegna), Buffon ha raccontato gli ultimi anni della sua carriera e lo switch fatto dopo il ritiro. In un dialogo con il conduttore Gianluca Gazzoli. “Per me, quella del libro è stata una sfida inedita - ha spiegato l’ex portiere - ma mi piaceva l’idea e con il grande aiuto del Premio Strega Mario Desiati l’ho portata a casa. Ho intrapreso questa strada un anno fa e ho raccontato in queste pagine esperienze di vita e verità, il perché di certe scelte e come ho reagito in momenti difficili. Penso che il titolo sia una metafora della vita”. La necessità di reagire alle difficoltà si è presentata più volte, dal punto di vista sportivo e personale: "In certi momenti, mi guardavo allo specchio e dicevo di essere il più folle numero uno della storia. Perché a volte, in situazioni delicate, sono sceso in campo e ho performato alla grande".

Il ruolo del portiere

Il racconto affidato alle pagine parte dal giorno del ritiro. "Cosa mi ricordo? Per un uomo di 45 anni, è una consuetudine dire basta e chiudere con lo sport. Oggi posso dire che quella è però realmente la prima morte da affrontare per uno che ha fatto una vita come me. La difficoltà sta poi nel riempire la giornata, visto che per 33 anni avevo fatto lo stesso mestiere e tutto veniva organizzato da altri” ha spiegato il campione del mondo 2006, tra gli sguardi attenti dei tifosi. “All’inizio è stato bellissimo avere tanto tempo libero, quasi una conquista. Poi, un po’ meno e mi sono dato a mille attività". Buffon si è soffermato quindi sull’unicità del ruolo del portiere e sulla solitudine propria dei numeri uno: "Per alcuni aspetti, è un ruolo davvero infame. Ma penso che, con il mio carattere, non avrei potuto fare altro. Sono sfrontato, mi piace rischiare, essere altruista, spendermi per i compagni. C’è una sorta di masochismo in questo senso, perché il portiere è l'unico che in campo difende e non offende. Un aspetto che mi racconta come persona".

La maglia scambiata con Messi

Gli aneddoti impreziosiscono il discorso: "Un bel momento? Nel 2015, alla fine del primo tempo della finale di Champions a Berlino, Messi mi rincorse verso gli spogliatoi per chiedermi la maglia. Perdevamo 1-0 ed ero immerso nei pensieri, ma mi fece piacere e mi sorprese. Fu una cosa che mi colpì, prima non avevo mai avuto il sentore di cosa rappresento agli occhi degli altri. Mi sono sempre sentito un fortunato che faceva la cosa più bella del mondo. Vedere un’icona come Leo correre da me per fare lo scambio della maglia mi ha emozionato”. Una battuta anche sulle differenze rispetto a Cristiano Ronaldo, compagno di squadra in bianconero: "Cristiano è un unicum, non pensavo potesse esistere un professionista con una mentalità di quel tipo. Con tutti i pro e i contro. Da compagno di squadra ammiri quel livello, quasi non è umano. La bellezza di Cristiano è la sua spiccata sensibilità".

Il ritorno al Parma

La chiusura è dedicata all’ultima parentesi della carriera tra i pali, il ritorno al Parma del 2021. "Io nella vita calcolo poco e programmo male, vado a istinto e lì c’è stato il cuore. Non è stato programmato, avevo deciso di smettere da protagonista dopo la Juve. A Torino mi avrebbero rinnovato il contratto, ma decisi di fare un’altra scelta per sentirmi vivo. C’erano il Barcellona, che cercava un secondo portiere, e altre squadre che avrebbero fatto la Champions. Il cuore e il destino mi hanno riportato a Parma". Per chiudere il cerchio, dove tutto cominciò all'inizio degli anni Novanta. (di Michele Antonelli)

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