Il maestro dell'eros festeggerà il compleanno domenica con alcuni amici intimi. Ai giovani dice,: "Vivete per libertà e non abbiate paura di fare esplodere gli schermi"
Non basterebbe una vita per raccontare quella di Tinto Brass. "Novant'anni sono un traguardo importante per le persone che mi amano e il mio pubblico. Io non li sento gli anni" ammette il regista conversando con l'AdnKronos a qualche giorno dal suo compleanno, che ricorre domenica prossima, 26 marzo. "Mi basta un sigaro e un buon whisky per festeggiare - dice -. Ma sarò felice di accogliere gli amici più intimi qui a casa a Isola Farnese. Mi spiace che non ci sarà il mio amico Maurizio, l'ultimo ortodosso di una vita gaia e anarchica. A lui mi lega un destino affine e l'amore per la stessa donna: Caterina...ma questa non è una storia per conformisti".
Sopravvissuto a un’emorragia cerebrale, a un ictus e a due ischemie, oggi il maestro del cinema erotico vive alle porte di Roma accanto alla moglie e musa, Caterina Varzi, sua sposa dal 2017, che ne cura meticolosamente l'opera artistica e l’archivio e con la quale ha scritto la biografia ‘Una passione libera’, edita di recente da Marsiglio. E' anche grazie al lavoro capillare di Caterina se oggi possiamo conoscere il maestro a tutto tondo. "Caterina ha il fascino dell'inattuale - confida Brass - Calda, allegra, attenta. Mi ricorda ogni giorno, ogni istante, che l'amore senza remore e senza limiti esiste".
Di progetti in cantiere il maestro preferisce non parlarne oggi, "per scaramanzia" ma sul grande schermo ha sperimentato ogni tipo di realtà, non solo per quanto riguarda l’eros. Nato a Milano, cresciuto a Venezia, Tinto (nato Giovanni, l'alias è un omaggio al nome del pittore veneziano Tintoretto, ndr) negli anni ’50 vola a Parigi, dove fa l’archivista per la Cinématheque, entrando in contatto con i grandi della Nouvelle Vague, e confrontandosi con registi quali Jean-Luc Godard e François Truffaut. E’ da questo confronto che nasce la sua concezione cinematografica, il suo modo di intendere il cinema, che doveva essere di rottura rispetto alla tradizione e quindi sperimentale. "Vita e cinema sono per me una sola avventura - sottolinea il regista -. Sono tutti i miei film e tutte le mie ossessioni".
Già assistente di maestri come Roberto Rossellini e Joris Ivens, Brass esordisce nella regia con il lungometraggio 'In capo al mondo' (1963), apologo sul disagio giovanile, di cui cura anche la sceneggiatura e il montaggio. I censori dell'epoca gli impongono di rigirare la pellicola daccapo. Per tutta risposta Brass cambia solo il titolo ‘Chi lavora è perduto’, rendendo ancora più esplicito il messaggio politico-sociale. Rimpianti Tinto Brass non ne ha. Come quando rinuncia ad ‘Arancia meccanica’ perché stava finendo di girare ‘L’urlo’. Lui giura di non essersene mai pentito. "Sono tanti gli artisti che avrei voluto sui i miei set - spiega -. Mi torna in mente Klaus Kinski. Gli proposi 'Dna', un film che girai solo in parte con Vanessa Redgrave e Gigi Proietti".
La ‘svolta’ nel mondo del cinema erotico risale al 1983, quando Brass gira 'La chiave' con Stefania Sandrelli, seguito da altre pellicole cult come 'Miranda', con Serena Grandi (1985), e 'Capriccio' con Francesca Dellera (1987), quindi 'Paprika', che lancia Debora Caprioglio (1991), e 'Così fan tutte', con l'esordiente Claudia Koll (1992). Con le sue attrici ha sempre avuto un ottimo rapporto sul set. Anna Ammirati (protagonista di ‘Monella’, ndr) va spesso a trovarlo ed è sempre presente e vicina. Anche Stefania Sandrelli, "una grandissima attrice", l'ha rivisto qualche tempo fa.
Nella sua vita non c’è stato solo il cinema. Nel 2010 si presenta alle elezioni con la lista Bonino-Pannella. ‘Meglio un culo che una faccia di culo’ lo slogan del manifesto, sul quale campeggia un sedere nudo, "il mio" ha ammesso sua moglie Caterina. Due figli, Bonifacio e Beatrice, nati dal matrimonio con la sceneggiatrice e sua collaboratrice Carla Cipriani, morta nel 2006, Tinto oggi conserva lo stesso sguardo vivace e attento sul mondo, e ai giovani dice: "Vivete per libertà e non abbiate paura di fare esplodere gli schermi". (di Federica Mochi)