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Allevi, ospedale dove è in cura: "Nel suo grazie il punto più alto della nostra missione"

Nicora (Int Milano): "Nelle parole del maestro c'è il binomio cura-speranza che si realizza nella relazione umana"

Giovanni Allevi a Sanremo (Fotogramma/Ipa)
Giovanni Allevi a Sanremo (Fotogramma/Ipa)
08 febbraio 2024 | 13.12
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"La gratitudine per il talento dei medici, degli infermieri e di tutto il personale ospedaliero. La riconoscenza per la ricerca scientifica, senza la quale non sarei qui a parlarvi". Il maestro Giovanni Allevi, malato di mieloma multiplo, le ha raccontate ieri dal palco di Sanremo che ha ospitato il suo ritorno al pianoforte dopo quasi 2 anni, come uno dei "doni" che il cancro gli ha lasciato. Quei medici, infermieri e ricercatori sono gli uomini e le donne dell'Istituto nazionale tumori di Milano, dove Allevi è in cura, dove ha "guardato il soffitto con la sensazione di avere la febbre a 39 per un anno consecutivo" e da dove ha ammirato "albe e tramonti che non si contano". Dall'Int parla oggi all'Adnkronos Salute il direttore generale Carlo Nicora: "Quando un malato dice grazie - dichiara - significa che abbiamo raggiunto il punto più alto della nostra missione".

"Ho perso molto", ha spiegato Allevi al festival. "Ho perso il mio lavoro, ho perso i miei capelli, le mie certezze, ma non la speranza", ha aggiunto. "Credo che nella malattia ogni paziente cerchi la possibilità di guarire", commenta Nicora. "E soprattutto i malati oncologici - evidenzia - vivono un binomio che io chiamo sempre 'cura e speranza'. Se i malati sentono la necessità primaria di esprimere un grazie, vuol dire che hanno trovato questo binomio cura-speranza dentro un rapporto, un rapporto umano". Ecco perché "dentro la parola grazie, che il maestro Allevi ha pronunciato pubblicamente e che noi leggiamo giornalmente in tanti messaggi di encomio, in tante lettere, io ci vedo tutto - afferma il Dg - ma ci vedo soprattutto la prova di essere stati capaci di accogliere il paziente, di abbracciarlo, di essere coinvolti, che è la cosa che come esseri umani ci differenzia dai robot, dall'intelligenza artificiale e da tutto il resto di cui avremo sì bisogno, ma che senza quella capacità farebbe perdere alla medicina la sua missione".

E' un concetto che Nicora ci tiene a sottolineare "con forza. I nostri malati, a qualsiasi ospedale si rivolgano, gli si affidano con fiducia, portando dentro di sé la certezza di essere curati al meglio e la speranza di guarire. Il binomio cura-speranza", appunto. "Ma questo rapporto professionale, che ha certo bisogno di investimenti, di organizzazione, di una cornice strutturale adeguata, si esplicita in una relazione umana. Per questo penso che quando il malato dice grazie significa che abbiamo raggiunto il punto più alto: riuscire a trasferire tutto ciò che è competenza, expertise, innovazione, tecnologia, farmaci, organizzazione dentro una relazione umana".

Una relazione che per Allevi è stata anche quella con chi condivide la sua battaglia. Tra i "doni" che lo guidano nella sua nuova vita c'è infatti "la riconoscenza per la forza, l'affetto e l'esempio che ricevo dagli altri pazienti. I guerrieri, così li chiamo. Magari cerchiamo un altro termine, ma non mi viene in mente niente", ha detto il maestro. "E lo sono anche i loro familiari, e lo sono anche i genitori dei piccoli guerrieri", ha precisato, chiedendo al pubblico dell'Ariston "un applauso" per i compagni che tiene sempre con sé: "Ora, come promesso, vi ho portato tutti qui con me sul palco, anime splendenti, esempio di vita autentica".

Parole che ancora una volta portano al "punto più alto" il successo della relazione di cura, della "missione di un medico e di un infermiere, ma anche di un manager - puntualizza il direttore generale dell'Irccs di via Venezian - perché il mio mestiere è fare in modo che tutto questo possa accadere, costruendo organizzazioni, favorendo relazioni".

"Ricordo sempre ai miei medici e ai miei infermieri - conclude Nicora - la frase che ho letto in un libro di un medico che è stato anche paziente. Diceva 'guarire quando è possibile, curare spesso, consolare sempre'". Quel paziente "era Mario Melazzini, che in un libro scritto tanti anni fa raccontava la sua esperienza quando, da medico oncologo, a un certo punto si accorge di avere una malattia importante come la Sla, rimane per lungo tempo a letto e scrive una serie di suoi pensieri. Questa frase mi è rimasta veramente impressa: è l'esperienza umana, e la lezione, di un medico che all'improvviso si è trovato dall'altra parte della barricata".

La Federazione nazionale Ordini professioni infermieristiche (Fnopi) ha scritto su X: "Il talento di medici e infermieri omaggiato a Sanremo 2024 da un talento come Giovanni Allevi. Grazie per le parole e le note risuonate stasera dall'Ariston. Saremo sempre al tuo fianco e a quello di chiunque abbia bisogno di cura".

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