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Tumori dei bimbi nella Terra dei fuochi, il 'giallo' dei numeri

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26 maggio 2017 | 12.13
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Quali sono i numeri del cancro tra i bambini della Terra dei fuochi? Mentre nei giorni scorsi il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, ha presentato i dati del Registro tumori regionale che parlano di 1.324 casi nella popolazione 0-20 anni dal 2008 al 2012, gli autori di uno studio pubblicato l'11 maggio sull''International Journal of Environmental Research and Public Health' calcolano cifre diverse sulla base dell'analisi delle Sdo, le schede di dimissione ospedaliera: "Nel periodo 2007-2011 - riferisce all'AdnKronos Salute Prisco Piscitelli, ricercatore dell'Istituto scientifico biomedico euro mediterraneo (Isbem) - i nuovi casi di tumori fra i campani da 0 a 19 anni risultano 3.465". Oltre 2 mila in più.

Lo studio italiano sui tumori in età pediatrica e nei giovani adulti è frutto del lavoro 'Epikit' (Epidemiologia del cancro in Italia), nato nell'ambito del progetto 'Coheirs' sotto l'egida del programma 'Europa per i cittadini'. I ricercatori - coordinati da Annamaria Colao dell'università Federico II di Napoli - hanno esaminato le Sdo dal 2001 al 2011 per calcolare il numero assoluto di ospedalizzazioni e tassi standardizzati per ogni provincia italiana in età pediatrica (0-19 anni) e nei giovani adulti under 50 (20-49 anni), le fasce d'età generalmente non interessate dalle campagne di screening.

"Nel complesso - evidenzia Piscitelli - si tratta di un vasto database con oltre 4 milioni di primi ricoveri ospedalieri da 0 a 100 anni di età registrati nel decennio 2001-2011 per ogni tipo di diagnosi di tumore. Il lungo e laborioso lavoro di ripulitura e scrematura del dataset ministeriale ci ha permesso di minimizzare qualsiasi sovrapposizione tra casi incidenti e casi prevalenti, arrivando a presentare per l'ultimo quinquennio (2007-2011) dati caratterizzati da un'elevata affidabilità per quanto attiene l'incidenza di primi ricoveri per tumori pediatrici e nei giovani adulti".

La discrepanza fra i numeri campani deriva dal fatto che "il nostro studio - precisa Piscitelli - ha analizzato una fonte di dati, le Sdo, diversa dai Registri tumori" che secondo gli autori offrono una fotografia incompleta. "I Registri tumori - premettono i ricercatori - rappresentano il gold standard tra gli strumenti attualmente utilizzati per lo studio epidemiologico delle neoplasie, tuttavia risentono dei limiti di una copertura solo parziale della popolazione, oltre che di ritardi e sfasature tra il momento di pubblicazione dei dati e gli anni ai quali si riferiscono". Per esempio "in Italia i Registri tumori coprono il 50% della popolazione e meno al Sud", ma non si tratta di un problema solo nazionale: "Anche negli Usa il Registro tumori del programma 'Seer' (Surveillance, Epidemiology and End Results Program) non copre più del 26% della popolazione".

"Se si usano solo ed esclusivamente i Registri tumori non si può fornire una completa fotografia del problema delle neoplasie in Italia", avvertono quindi gli autori dello studio, convinti invece che "le Sdo, peraltro già utilizzate nell'ambito degli stessi Registri tumori insieme ad altre fonti di dati - ricordano - hanno dimostrato un'elevata affidabilità, qualora analizzate in maniera appropriata, al fine di inquadrare a un primo sguardo d'insieme e in maniera generale alcuni fenomeni patologici".

Ma c'è un secondo punto sul quale gli scienziati pongono l'accento. "L'originalità" di Epikit, il cui gruppo di studio è coordinato da Gaetano Rivezzi dell'Isde medici ambiente Campania, "consiste nell'aver esaminato il problema dei tumori pediatrici e nei giovani ragionando anche in termini di numeri assoluti, oltre che ovviamente per tassi. Accade infatti che i tassi standardizzati di ricoveri per tumori pediatrici delle province di Roma e Napoli, con oltre 350 nuovi casi annui, siano pari o inferiori a quelli di piccole province come ad esempio Imperia e Isernia che registrano 20 casi annui, ma tassi superiori a 10 per 100 mila abitanti, e per le quali nessuno parlerebbe mai di emergenza visti i piccoli numeri".

Quanto poi al cancro nei bimbi, "il problema dei tumori pediatrici andrebbe valutato non solo in raffronto ai casi attesi - ammoniscono gli esperti - ma anche nella rilevanza che assumono i numeri assoluti per orientare scelte di organizzazione sanitaria". In altre parole, se come accade ad esempio per la Campania "una popolazione ha più bambini - riflette Piscitelli - aspettarsi più tumori potrebbe avere un senso da un punto di vista statistico, ma da punto di vista di sanità pubblica non esime i decisori dal mettere in campo tutte le strategie possibili per ridurre le esposizioni modificabili a tutti quei cancerogeni legati allo stile di vita o ambientali riconosciuti come tali dalla Iarc, l'Agenzia internazionale di ricerca sul cancro, soprattutto in età pediatrica". In conclusione, al di là dell'apparente 'giallo' dei numeri, "chi ha stabilito di rassegnarsi al fatto che più bambini debba significare più tumori?", si chiedono gli studiosi. Siano i casi 1.324 o 3.465, "sono sempre troppi".

Nella vicenda dei numeri dei tumori in Campania interviene anche Antonio Giordano, professore di Anatomia e Istologia patologica dell'università degli Studi di Siena e direttore dello Sbarro Institute della Temple University di Philadelphia, Usa. "I lavori scientifici pubblicati sulle riviste di settore subiscono il vaglio del peer review. I dati, quindi, sono validamente controllati da professionisti che non fanno parte del l'equipe del lavoro revisionato. Partendo da questo presupposto - afferma - è ovvio ritenere che i dati pubblicati dal gruppo" di ricerca Epikit "circa l'incidenza dei tumori in età pediatrica, sono da ritenersi più accreditati rispetto a quelli comunicati dai politici campani", conclude.

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