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Milano

Sarà madre grazie al trapianto di tessuto ovarico

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27 febbraio 2018 | 19.35
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Trentuno anni, tanta voglia di diventare mamma, la possibilità concreta di provarci. Sembra un percorso quasi automatico, ma non sempre lo è per tutte le donne. La protagonista di questa storia di sanità è una giovane donna colpita da una rara malattia ereditaria, la sindrome di Gorlin, che l'ha costretta a subire l'asportazione di entrambe le ovaie e delle tube. Poteva essere l'epilogo di qualsiasi pensiero di gravidanza futura, e invece ad aprire le porte a un finale diverso è stato un intervento eseguito per la prima volta in Lombardia all'ospedale San Raffaele di Milano: un trapianto di tessuto ovarico, precedentemente prelevato dalla paziente stessa e crioconservato, che farà sì che una donna sterile possa tentare di avere un figlio.

A operare è stata un'équipe dell'Unità di ginecologia e ostetricia e del Centro scienze della natalità dell'Irccs di via Olgettina, sotto la guida di Massimo Candiani, in collaborazione con Dror Meirow, direttore del Centro per la preservazione della fertilità dello Sheba Medical Center in Israele. E le premesse per rendere possibile l'intervento sono state poste ben prima.

La sindrome di Gorlin provoca la formazione di fibromi ovarici che alterano gravemente la morfologia pelvica e avrebbero reso impossibile una gravidanza futura per la giovane paziente. Ma nel corso dell'intervento di asportazione del secondo ovaio, eseguito al San Raffaele un anno fa, i chirurghi erano riusciti a prelevare una parte del tessuto ovarico sano affinché potesse essere crioconservato e reimpiantato.

A un anno di distanza la donna, desiderando una gravidanza, ha deciso di sottoporsi al trapianto di tessuto ovarico. Così l'équipe l'ha operata in laparoscopia, creando una 'tasca' in corrispondenza dell'ovaio asportato, in cui ha inserito i frammenti di tessuto ovarico sano precedentemente crioconservati in azoto liquido a -196°. Una volta che il tessuto avrà ripreso la sua normale attività (ci vorranno 3-4 mesi), da un lato ripartirà l'attività ormonale ovarica, con ricomparsa del ciclo mestruale - e benefici a livello di tutto l'organismo (metabolismo osseo, funzionalità tiroidea, benessere cardiovascolare), evidenziano gli esperti - e dall'altro verranno prodotti nuovi ovuli che potranno essere fecondati in vitro.

"Siamo orgogliosi di essere stati protagonisti di un intervento così promettente e innovativo - commenta Candiani - Il nostro Centro scienze della natalità è in prima fila per il benessere riproduttivo della donna e si avvale di un team multispecialistico, tutto all'interno del San Raffaele, composto da biologi e medici della riproduzione, ginecologi, anestesisti, psicologi, oncologi e anatomopatologi che lavorano fianco a fianco per offrire alle coppie infertili un percorso diagnostico-terapeutico personalizzato".

Il centro accoglie ogni anno oltre mille coppie che non riescono ad avere un bambino spontaneamente. Dei circa duemila trattamenti di Pma all'anno, più del 35% porta a una gravidanza, con un tasso di gravidanze gemellari inferiore al 12%, spiegano dalla struttura. Tra le attività del centro c'è anche la preservazione della fertilità sia nelle donne sane che desiderano programmare una gravidanza più avanti negli anni (social egg freezing), sia nelle donne che devono sottoporsi a trattamenti che potrebbero danneggiare la loro fertilità, come le terapie anticancro (alle pazienti oncologiche, in particolare, è riservato un percorso prioritario), sia in pazienti affette da patologie che possono mettere a rischio la funzionalità ovarica, ad esempio l'endometriosi.

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