Università dell’Insubria, Asst Sette Laghi e Irccs Neuromed di Pozzilli
Studiare due territori che hanno subìto un impatto molto diverso nel corso dell’epidemia, con tremila persone coinvolte. Dopo la fase della primissima emergenza, e in attesa di un vaccino efficace, contro il coronavirus serve "disegnare un percorso chiaro per i prossimi mesi e anni. Un percorso che dovrà operare scelte di intervento e prevenzione basate su una attenta conoscenza del fenomeno". È questo l’obiettivo del progetto 'Impatto dell’infezione da Sars-CoV-2 in popolazioni con alto o basso rischio di infezione' elaborato dall’università dell’Insubria, dall’Asst Sette Laghi a Varese e dall’Irccs Neuromed di Pozzilli (Is).
Il progetto, finanziato congiuntamente da Regione Lombardia, Fondazione Cariplo e Fondazione Umberto Veronesi, studierà due aree: da un lato la provincia di Varese, con i dati raccolti da Asst Sette Laghi, che ha visto una maggiore circolazione del virus rispetto al Molise, monitorato da Neuromed, l’altro ente coinvolto nella ricerca.
L’indagine si compone di due parti principali: un’indagine sierologica su un campione di cittadini appartenenti alle due aree renderà possibile disegnare l’effettiva diffusione del Sars-CoV-2, le diverse manifestazioni della malattia e l’eventuale presenza di fattori di rischio o protezione che potrebbero aver influito sulla maggiore o minore gravità clinica. Parallelamente sarà portata avanti una indagine sul distress psicologico degli operatori sanitari coinvolti.
"Abbiamo ancora molto da imparare su questo virus – dice Licia Iacoviello, professore ordinario di Sanità pubblica all’università dell’Insubria e direttore del Dipartimento di Epidemiologia e prevenzione dell’Irccs Neuromed – a cominciare dall’effettiva circolazione nella popolazione, un’indagine impossibile nella fase di emergenza, ma che ora possiamo condurre con precisione. Inoltre dobbiamo capire le ragioni per le quali l’infezione ha avuto un impatto così diverso in differenti aree del nostro Paese e perché le persone colpite hanno avuto manifestazioni cliniche estremamente varie, dagli asintomatici a quelli che hanno perso la vita".
Infine "il personale sanitario, un gruppo ad alto rischio del quale non solo vogliamo conoscere il livello di esposizione all’infezione, ma anche l’impatto che questa epidemia ha avuto in termini di stress subìto, e delle relative conseguenze a lungo termine sulla loro vita", conclude Iacoviello.
Tremila persone appartenenti alle due aree interessate saranno invitate a partecipare alla ricerca. Un prelievo di sangue permetterà di testare rapidamente la presenza di anticorpi contro il Sars-CoV-2, sia IgM (segno di un’infezione recente) che IgG (che compaiono più tardi), mentre una parte dei campioni sarà conservata in biobanche per essere sottoposta a ulteriori analisi future. Grazie a una app per smartphone specificamente sviluppata, i partecipanti compileranno anche dei questionari relativi al loro stato di salute e alle loro abitudini di vita. Le successive indagini statistiche punteranno a evidenziare i fattori in gioco nel determinare la suscettibilità alla patologia e gli eventuali fattori di rischio che potrebbero causare le diverse manifestazioni cliniche.
"Quello del personale sanitario – dice Marco Ferrario, professore ordinario di Medicina del lavoro e direttore della struttura complessa di Medicina del lavoro, preventiva e tossicologia dell’Asst Sette Laghi – è un discorso diverso e molto importante. Non solo medici e infermieri sono soggetti particolarmente a rischio di contrarre l’infezione, ma rappresentano forse la categoria sulla quale il virus ha maggiormente colpito in termini di stress e di impatto emotivo. Eppure saranno i pilastri che sorreggeranno il sistema nel caso di una seconda ondata. Per questo motivo una parte importante del progetto sarà focalizzata proprio su di loro. Testeremo e seguiremo il personale della Asst Sette Laghi e dell’Irccs Neuromed".