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Covid, moltiplica rischio disturbi gastrointestinali: lo studio

+42 mln di malati nel mondo. Probabilità di sintomi entro 1 anno aumenta del 40% circa con punte del +60% per l'ulcera

(Foto Fotogramma)
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07 marzo 2023 | 18.03
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Ammalarsi di Covid-19 moltiplica il rischio di sviluppare disturbi gastrointestinali entro un anno dall'infezione. Tra chi ha avuto Covid, rispetto a chi non è mai stato contagiato da Sars-CoV-2, la probabilità di soffrire a lungo termine di problemi a stomaco e intestino aumenta del 36% in generale. Si va da un rischio del 35% maggiore di reflusso gastroesofageo a una probabilità del 62% superiore di ulcere gastriche o dell'intestino tenue, passando per mal di stomaco (+36%), pancreatite acuta (+46%), infiammazione gastrica (+47%), sindrome dell'intestino irritabile (+54%). A fare i conti è un team americano in un maxi-studio pubblicato su 'Nature Communications'. Gli autori stimano che, ad oggi, Covid-19 abbia contribuito a oltre 6 milioni di nuovi casi di disturbi gastrointestinali negli Usa e a 42 milioni in tutto il mondo. Tra i 'lasciti' del virus anche stitichezza, diarrea, dolore addominale, gonfiore, vomito e problemi al fegato compresa l'insufficienza epatica. Da sintomi lievi, dunque, a patologie potenzialmente mortali.

L'analisi è firmata da scienziati della Washington University School of Medicine di St. Louis e dal Veterans Affairs St. Louis Health Care System. I ricercatori hanno esaminato circa 14 milioni di cartelle cliniche anonime nel database gestito dal Dipartimento degli Affari dei veterani degli Stati Uniti, il più grande sistema sanitario integrato del Paese. Hanno quindi definito un set di dati controllati relativo a oltre 154mila persone risultate positive a Covid dal primo marzo 2020 al 15 gennaio 2021 e sopravvissute nei primi 30 giorni successivi all'infezione. Gli esiti gastrointestinali di questi pazienti sono stati confrontati con quelli riscontrati in due gruppi controllo di persone non contagiate da Sars-CoV-2: oltre 5,6 milioni nello stesso periodo 1 marzo 2020-15 gennaio 2021 e oltre 5,8 milioni dall'1 marzo 2018 al 31 dicembre 2019, quindi ben prima che il coronavirus pandemico infettasse e uccidesse milioni di persone in tutto il pianeta.

Le persone incluse nello studio erano per lo più uomini bianchi anziani, tuttavia gli autori hanno valutato anche dati che includevano oltre 1,1 milioni di donne e adulti di ogni età ed etnia, confermando che "a sviluppare problemi gastrointestinali a lungo termine dopo l'infezione Covid-19 erano persone di tutte le età, indipendente da sesso e background razziale", spiega Ziyad Al-Aly, epidemiologo clinico della Washington University, che in precedenti lavori ha descritto insieme alla sua équipe gli strascichi prodotti da Sars-CoV-2 su cervello, cuore, reni e altri organi. In numerosi studi, Al-Aly e colleghi hanno rilevato complessivamente circa 80 effetti avversi associati a Long Covid.

"I problemi gastrointestinali sono stati tra i primi segnalati dalla comunità di pazienti Covid", sottolinea Al-Aly. "E' sempre più chiaro che il tratto gastrointestinale funge da serbatoio per il virus", pertanto "allo stato delle ricerche i dati relativi ai disturbi gastroenterici del Long Covid non ci hanno sorpreso". Ciò nonostante, l'epidemiologo avverte che "il virus può essere distruttivo, anche tra coloro che vengono considerati sani" ossia asintomatici, "o che hanno avuto infezioni lievi. Stiamo osservando la capacità di Covid-19 di attaccare qualsiasi sistema di organi nel corpo, a volte con gravi conseguenze a lungo termine, morte compresa".

"Molte persone fanno confronti tra Covid-19 e influenza", prosegue Al-Aly. Ebbene, "abbiamo confrontato gli esiti di salute nei ricoverati in ospedale per influenza rispetto ai ricoverati con Covid e abbiamo osservato un aumento del rischio di disturbi gastrointestinali tra le persone che erano state ricoverate con Covid. Anche a questo punto della pandemia - avverte l'esperto - Covid-19 rimane più grave dell'influenza". Quanto all'effetto vaccinazione, pochi fra gli inclusi nello studio erano stati vaccinati perché nel periodo considerato i vaccini non erano ancora disponibili su larghissima scala. In ogni caso, precisa l'autore, "sebbene i vaccini possano aiutare a ridurre i rischi Long Covid, non offrono una protezione completa contro i sintomi a lungo termine dell'infezione che possono colpire cuore, polmoni, cervello e tratto gastrointestinale".

"Considerati insieme a tutte le evidenze accumulate finora - afferma Al-Aly - i risultati di questo rapporto evidenziano la necessità urgente di raddoppiare e accelerare i nostri sforzi per sviluppare strategie volte a prevenire e curare gli effetti sulla salute a lungo termine dopo l'infezione Covid-19". Per lo scienziato, "è fondamentale includere" anche "la salute gastrointestinale come parte integrante dell'assistenza Covid post-acuta".

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