Contro la leucemia mieloide cronica oggi, nel nostro Paese, sono possibili cure su misura in grado di garantire i trattamenti migliori e più efficaci grazie a un modello integrato di assistenza, con un approccio multidisciplinare che va dall'ematologo allo psicologo. Cure ottimali, insomma, che però scontano differenze regionali ancora notevoli. Con Regioni, soprattutto a Nord, con più centri specializzati e altre (soprattutto al Sud) meno attrezzate sia nell'utilizzo dei test per individuare le caratteristiche della malattia che consentono di capire qual è la soluzione giusta per ognuno sia, di conseguenza, nella scelta più adeguata tra i 5 farmaci oggi disponibili. (VIDEO)
La migliore gestione terapeutica e assistenziale per questo raro tumore del sangue è il tema del convegno "Un nuovo modello integrato di cura della leucemia mieloide cronica, tra soluzioni innovative e sostenibilità del sistema: un percorso condiviso tra clinico e paziente", promosso da Incyte, oggi a Roma, a cui hanno partecipato medici, pazienti e istituzioni. In Italia si contano circa 1000 nuovi casi di leucemia mieloide cronica ogni anno, per un totale di circa 20mila pazienti che convivono con questa, e spesso, altre malattie. La maggioranza delle diagnosi, infatti, avviene intorno ai 60 anni, in particolare tra i maschi. Ma nella media rientrano anche i più giovani.
"Si tratta di un tumore che fino agli anni 2000 non dava scampo - ha spiegato Felice Bombaci, presidente, gruppo pazienti Ail leucemia mieloide cronica Onlus - fortunatamente proprio agli inizi del 2000 sono arrivati farmaci bersaglio, efficaci e con meno effetti collaterali. Una rivoluzione che permette, oggi, di offrire a ciascun paziente una terapia personalizzata. Una cosa che è possibile fare, però, con un approccio multidisciplinare, coinvolgendo altri specialisti che permettono di prevenire e gestire gli effetti collaterali migliorando la qualità della vita Fondamentale, quindi, che il paziente, già dalla diagnosi, sia seguito a 360 gradi. Perché questo sia possibile in maniera omogenea su tutto il territorio, è fondamentale che le Regioni diano realmente attuazioni alle reti ematologiche in modo che il paziente possa essere preso in carico dal centro d'eccellenza regionale di riferimento e poi gestito nel follow up sul territorio".
Necessaria anche una maggiore diffusione dei test, già disponibili in molti centri, per individuare il farmaco più adeguato al singolo paziente. I medicinali 'a bersaglio' che hanno rivoluzionato il trattamento della leucemia mieloide cronica sono gli inibitori della tirosin chinasi (TKI), ormai giunti alla terza generazione. "Nei pazienti ad alto rischio di progressione - ha sottolineato Giuseppe Saglio, docente di Medicina Interna ed Ematologia all’università di Torino e direttore della Divisione di Ematologia all’ospedale Mauriziano di Torino - anche se trattati con farmaci di seconda generazione, la mancata risposta suggerisce che la malattia sia mutata, che le proteine bersaglio della terapia siano cioè modificate in modo tale da impedire l’azione stessa della molecola. In questi pazienti, gli inibitori delle tirosin chinasi (TKI) di terza generazione si sono dimostrati particolarmente efficaci e potrebbe essere indicato prescriverli direttamente già in seconda linea di trattamento".
Secondo gli esperti la prescrizione 'su misura' andrebbe fatta fin dal momento della diagnosi, che dovrebbe essere il più completa ed esaustiva possibile. In questo modo non solo si migliora l’efficacia della terapia e qualità di vita del paziente, ma si migliora anche la sostenibilità economica. "È importante e urgente - ha detto Francesco Saverio Mennini, direttore del Centro per la valutazione economica e Hta (Ceis) alll’Università degli Studi di Roma Tor Vergata - sviluppare un modello completo di 'Cost of Illness' così da evidenziare quali siano, ad oggi, i costi (diretti ed indiretti) che si sostengono in Italia per la leucemia mieloide cronica. Purtroppo infatti non sono presenti studi relativi al costo di questa malattia in Italia".
Unanime l'appello degli esperti, infine, per una maggiore uniformità di trattamento fra tutti i centri, per rendere l’opportunità di una cura più efficace alla portata di tutti i pazienti. "La nostra azienda - conclude Giancarlo Parisi, general manager di Incyte in Italia - si impegna in progetti di supporto agli ospedali per l’adozione delle migliori tecniche di diagnostica genetica molecolare e in programmi di formazione per ematologi e personale sanitario. Tutte queste attività hanno l’obiettivo di garantire al paziente la migliore qualità di cura e assistenza possibile, promuovendo il suo coinvolgimento attivo in un percorso di cura consapevole e personalizzato e identificando il regime terapeutico più appropriato".