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Cancro 'bersaglio mobile', colpirlo così

Cancro 'bersaglio mobile', colpirlo così
08 marzo 2018 | 11.40
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Come un pugile sul ring, che si muove veloce e da un round all'altro cambia tattica per spiazzare l'avversario, così fa il cancro: "Un bersaglio mobile che evolve e si trasforma per resistere alle cure". E se esiste un proiettile che può colpirlo anche quando lui cambia, probabilmente a spararlo sarà la pistola di precisione dell'immunoterapia, "ormai considerata la quarta arma contro i tumori insieme alla chirurgia, alla radio e alla chemioterapia, tradizionale o intelligente in versione target therapy". L'immunologo Alberto Mantovani riassume così all'AdnKronos Salute il senso di 'Bersaglio mobile', il suo nuovo libro, edito da Mondadori, in cui definisce "realtà il sogno che fu dei padri della medicina agli inizi del '900: sconfiggere il cancro utilizzando le nostre difese naturali. Il sistema immunitario".

IL CAMBIO DI PARADIGMA - "Se all'inizio del nuovo millennio la visione prevalente dell'essenza del cancro era tutta centrata sulla cellula tumorale - spiega Mantovani, direttore scientifico di Humanitas e docente Humanitas University - negli ultimi 10-15 anni è stato accettato un grande cambiamento di paradigma, sostenuto fin da prima da diversi immunologi fra cui il sottoscritto: il microambiente, ossia la nicchia ecologica dentro cui si sviluppa un tumore, è altrettanto importante della cellula tumorale stessa. E di questa nicchia fanno parte le difese immunitarie". Secondo la nuova visione, prosegue lo scienziato italiano più citato nel mondo, "dobbiamo pensare che a un malato di cancro sono successe due cose: una parte delle sue difese naturali l'hanno tradito, come poliziotti corrotti" passati dalla parte del nemico, "mentre un'altra parte si è addormentata e a somministrarle il sonnifero sono soprattutto i poliziotti corrotti" di cui sopra, i macrofagi nel linguaggio della biologia.

"Capire che questo è quello che succede all'interno di un tumore ha aperto la strada allo sviluppo di terapie immunologiche", oggi un dato di fatto anche se "il bicchiere - riflette l'esperto - è ancora vuoto per circa 3 quarti". Pur premettendo che "non si è mai visto in così pochi anni un cambiamento pari alla svolta impressa dall'immunoterapia anticancro", resta comunque il fatto che, "considerando tutte le risposte ottenute dalle terapie immunologiche in tutti tumori sui quali è stata usata, al momento ne ha beneficiato solo un paziente su 5. Stiamo muovendo i primi passi lungo una nuova frontiera, fatta di tante sfide", ma Mantovani che la percorre da pioniere procede convinto.

LA 'CURA DAL DI DENTRO' - In principio furono gli anticorpi monoclonali, primo esempio di terapia 'smart' ispirata al sistema immunitario e usata contro i tumori, "ormai considerati uno standard contro le neoplasie più svariate: da quelle del sangue al cancro del colon, del polmone e molti altri tumori fino al melanoma. Gli anticorpi hanno rappresentato un cambiamento radicale", evidenzia lo scienziato.

Più recentemente l'armamentario immunologico si è arricchito di nuovi farmaci che puntano a 'risvegliare' le difese addormentate togliendo i freni che le paralizzano, "'tirati' dalla cellula tumorale stessa o dai poliziotti corrotti. I trattamenti già approvati per uso clinico - continua Mantovani nel suo excursus - sono due anticorpi che tolgono i freni del sistema immunitario per contrastare un gran numero di tumori: dal melanoma ad alcuni carcinomi del colon geneticamente instabili, da alcuni linfomi o tumori polmonari a certe neoplasie delle vie urinarie, con risultati sperimentali promettenti anche in altre forme di cancro". Spiccano in particolare i risultati ottenuti in clinica nel melanoma metastatico", il cancro della pelle più aggressivo che in passato non lasciava speranza: "Oggi sappiamo per certo che il 20% guarisce, considerando i pazienti per i quali sono passati più di 10 anni", e in prospettiva "è ragionevole pensare che il dato delle remissioni definitive si aggiri attorno al 40%".

E poi ci sono le cosiddette terapie cellulari, una frontiera nella frontiera, un altro sogno che si realizza da quando, "tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70 del secolo scorso - rammenta l'immunologo - abbiamo visto per la prima volta nelle nostre provette alcune cellule del sistema immunitario uccidere le cellule tumorali". Le cronache, anche nazionali, hanno riportato ad esempio i successi delle 'Car-T' "approvate negli Usa contro forme di leucemia e linfomi, nate dall'idea di un collega israeliano, portata avanti e sviluppata anche da almeno altri due ricercatori. I linfociti del paziente vengono isolati, ingegnerizzati con un nuovo sistema di riconoscimento che li rende in grado di identificare in modo ultrapreciso il nemico da colpire, quindi reimmessi in circolo".

Una strategia 'sartoriale', quella delle Car-T, che ha visto l'Italia in prima linea nelle sperimentazioni e nei primi interventi salvavita. E il nostro Paese è protagonista anche nello studio delle 'Cik', nuovi killer immunologici giunti in fase clinica II, che come le Car-T vengono sviluppati sempre con il sostegno dell'Associazione italiana per la ricerca sul cancro da un gruppo multicentrico coordinato per Airc dallo stesso Mantovani.

UN CAMMINO ANCORA LUNGO - "Di quanto è stato fatto siamo certamente contenti, ma non ci basta", puntualizza lo scienziato. Ogni filone di ricerca indica nuove vie da percorrere e la marcia è senza sosta: "Sappiamo per esempio che i freni del sistema immunitario coinvolti nei tumori sono diversi, per cellule diverse e per organi diversi. Noi stessi qualche mese fa abbiamo pubblicato su 'Nature' la scoperta di nuovo freno. Stiamo imparando a usare le cellule, a fare vaccini terapeutici, a superare la tradizionale classificazione istologica che distingue il cancro in base al tessuto colpito. In questo senso negli ultimi mesi abbiamo assistito a un evento cruciale: uno degli anticorpi che tolgono il freno alle difese immunitarie è stato approvato dall'agenzia americana Fda per i tumori che presentano una particolare instabilità genetica, indipendentemente dal tipo istologico. Non era mai successo niente del genere e questa è ancora un'altra frontiera futura".

COME VACCINARSI CONTRO LE FAKE NEWS - Progressi continui e reali, dunque, che vanno spiegati alla gente come un lungo viaggio che richiede fiducia e pazienza. Le scorciatoie non sono ammesse: "Continuiamo purtroppo a vedere tanti, troppi episodi di falsità - ragiona Mantovani - di false cure contro il cancro. L'ultimo episodio è stata la morte di Eleonora" per il rifiuto della chemioterapia, una ragazza di 18 anni che "con i metodi della scienza aveva l'85% di probabilità di guarire e anche di più con i trattamenti immunologici. Molto spesso, se non sempre, queste finte soluzioni giocano sulla stessa promessa dell'immunoterapia: curare 'dal di dentro'". Ma la distanza tra verità e bugie fa la differenza tra la vita e la morte: "La cosa angosciante è che il prezzo della ciarlataneria lo pagano i pazienti". Ecco perché c'è un altro 'vaccino' da trovare, il più importante: una profilassi contro le fake news , che non può che passare da una corretta informazione. "Il mio libro - conclude lo scienziato - vuole essere un modesto contributo".

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