Appena 11 mesi d'età, già due operazioni alle spalle fra cui un bypass salvavita. E' il record del bimbo protagonista di un intervento eseguito un anno fa dai cardiochirurghi dell'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo: "Un caso rarissimo", assicurano i medici, finito ora sulle pagine degli 'Annals of Thoracic Surgery', la rivista ufficiale di una delle due società americane di chirurgia toracica e cardiovascolare. Il piccolo soffre di sindrome di Williams, una malattia genetica rara (1 neonato malato su 10 mila) che fra le altre cose provoca la perdita dell'elastina, proteina chiave per garantire arterie funzionali e una circolazione sanguigna normale.
"Per la prima volta abbiamo eseguito un intervento di bypass aortocoronarico, con tecnica di microchirurgia e utilizzo del microscopio operatorio, in un bambino di soli 11 mesi, già operato in precedenza", spiega Maurizio Merlo, primo operatore nell'intervento a cui hanno partecipato anche i cardiochirurghi Amedeo Terzi e Duccio Federici. Il baby-paziente, infatti, "era già stato sottoposto a un intervento chirurgico per la risoluzione di una stenosi sopravalvolare dell'aorta", un restringimento dell''autostrada' che porta sangue e nutrienti al cuore. L'operazione era andata bene, ma dopo due mesi il bimbo ha sviluppato una sindrome coronarica acuta che lo ha costretto a tornare sotto i ferri.
"Il quadro clinico mostrava un'ischemia miocardica progressiva con una grave stenosi dell'arteria coronaria sinistra", sottolineano dal 'Papa Giovanni', quindi "è stato sottoposto a un secondo intervento di rivascolarizzazione miocardica, con esecuzione di un bypass aortocoronarico mediante l'utilizzo dell'arteria mammaria interna sinistra. L'intervento è stato eseguito con successo e ha consentito il miglioramento dei parametri emodinamici e il completo recupero della funzione del ventricolo sinistro. A distanza di un anno, le condizioni cliniche del paziente si mantengono stabili e il controllo angiografico ha dimostrato la pervietà del bypass". Una storia a lieto fine possibile grazie alla "strettissima collaborazione tra i cardiochirurghi che si occupano di trattare la patologia acquisita dell'adulto e quelli che normalmente trattano la patologia congenita, situazione riscontrabile in pochissime strutture del nostro Paese".
Il quadro clinico della sindrome di Williams - riferiscono dall'Azienda sociosanitaria territoriale orobica - è caratterizzato da disturbi dello sviluppo associati a cardiopatie congenite, ritardo psicomotorio, dismorfismi facciali caratteristici e a un profilo cognitivo e comportamentale specifico. Anche se i pazienti hanno un'aspettativa di vita normale, le anomalie cardiovascolari sono uno degli aspetti che più influenzano la prognosi e sono presenti nella maggior parte dei malati.
In particolare, la stenosi sopravalvolare dell'aorta (Ssva) è l'alterazione cardiovascolare più frequente, seguita dalla stenosi dell'arteria polmonare, spesso associata alla Ssva. Senza un intervento chirurgico, la stenosi delle arterie porta a morte improvvisa. Nei pazienti con la sindrome di Williams l'ostruzione delle arterie coronarie - quella che ha reso necessario rioperare il bimbo - viene solitamente osservata in oltre il 45% dei casi di Ssva e può essere conseguente alla stenosi dell'ostio coronarico, il punto in cui dall'aorta ascendente (il primo tratto dell''autostrada del sangue') origina l'arteria coronaria sinistra (quella che, insieme alla destra, irrora il cuore). E' così che è avvenuto nel piccolo salvato in questa storia, che dunque rischiava di morire senza ossigeno al cuore.
La pubblicazione sulla rivista Usa, precisano ancora dal Papa Giovanni, evidenzia un secondo elemento di novità di questo caso: "Nei pazienti con la sindrome di Williams, in particolare in quelli che presentano una Ssva tipica, il follow-up post-chirurgico non può essere focalizzato soltanto sull'esito della ricostruzione dell'aorta, ma deve anche includere la valutazione del possibile sviluppo di una malattia coronarica, conseguente a un processo di proliferazione delle cellule endoteliali localizzate nello strato più interno della parete vascolare, che può avvenire anche nel caso di un esito chirurgico favorevole".