Il capo dello Stato: "La Repubblica non ha dimenticato, sicurezza garanzia di giustizia"
"La frana, la sparizione, nel nulla, di un ambiente, di un territorio, di tante persone. La cancellazione della vita. Sono tormenti che, tuttora - sessant’anni dopo - turbano e interrogano le coscienze". Lo ha affermato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della cerimonia per la commemorazione del 60esimo anniversario del disastro del Vajont.
"Oggi ci troviamo in un Parco, quello delle Dolomiti Friulane che, nella bellezza di questi luoghi dedica, doverosamente, percorsi alla memoria. Siamo di fronte a due quadri: questo paesaggio, quello delle Prealpi Carniche. E la diga, creazione artificiale. Entrambi, oggi, silenti monumenti alle vittime, a quelle inumate nei cimiteri, a quelle sepolte per sempre nei greti dei corsi d’acqua, sulle pendici: donne, uomini, bambini - ha detto Mattarella - Cinquecento bambini. Immenso sacrario a cielo aperto che si accompagna al Cimitero di Fortogna, mausoleo nazionale. Riflettiamo: la frana, la sparizione, nel nulla, di un ambiente, di un territorio, di tante persone. La cancellazione della vita. Sono tormenti che, tuttora - sessant’anni dopo - turbano e interrogano le coscienze".
"Vogliamo sforzarci, oggi, di immaginare di specchiarci anzitutto negli occhi di coloro che non ci sono più; che, quando giunsero gli Alpini, non c’erano più. Negli occhi dei soccorritori. Negli sguardi severi dei sopravvissuti. Negli occhi di chi oggi è, qui, depositario di questi territori. Per poter dire che la Repubblica non ha dimenticato. Per poter dire che - come ha esortato il presidente Zaia - riuscire ad assicurare condizioni di sicurezza è garanzia di giustizia - come richiede il buon governo - rimane obiettivo attuale e doveroso nella nostra società. Perché occuparsi dell’ambiente, rispettarlo, è garanzia di vita".
"Per evitare - ha esortato il capo dello Stato - atteggiamenti di indifferenza, di presunzione, di superiorità rispetto ai segnali della natura. Pagati qui a così caro prezzo. Per non capitolare a quello che il presidente Fedriga ha definito 'desiderio cieco dell’uomo di piegare la natura a proprio piacimento al fine di ottenere il massimo profitto'. A un intervento dell’uomo che si traduce in prevaricazione, corrisponde la violenza della natura. Quella violenza che la sapienza delle popolazioni locali, in antica intimità con l’ambiente, sa temere e da cui cerca riparo".
"Le Nazioni Unite hanno classificato questo evento come uno dei più gravi disastri ambientali della storia che sia stato provocato dall’uomo. Per questa ragione, il 9 ottobre, è stato indicato dal Parlamento 'Giornata nazionale in memoria delle vittime dei disastri ambientali e industriali causati dall’uomo'. La tragedia che qui si è consumata reca il peso di pesanti, responsabilità umane, di scelte gravi che venivano denunziate, da parte di persone attente, anche prima che avvenisse il disastro. Assicurare una cornice di sicurezza alla nostra comunità significa saper apprendere la lezione dei fatti e sapere fare passi avanti", ha affermato il presidente della Repubblica.
"L’interazione dell’uomo con la natura - ha ricordato - è parte dell’evoluzione della natura stessa. Perché l’uomo è parte della natura, ma non deve divenirne nemico. Non si tratta di un tema di esclusivo carattere ecologico. Ce lo ha ricordato anche Papa Francesco nella sua recentissima esortazione. Si tratta di saper porre attenzione e saper governare, con lungimiranza, gli squilibri che interpellano, mettendo in discussione, l’umanità stessa e i suoi destini".
"Sui luoghi della tragedia, il giorno dopo svettava, solitario, a Pirago, il campanile della chiesa di san Tomaso apostolo. Il tempo non diluisce il dolore, ma quel campanile, oggi restaurato, appare, nella sua solitudine, quasi simbolo della resilienza di questi luoghi e della sua gente. Gente di paesi che, come ha ricordato il sindaco Padrin, hanno voluto tornare alla vita. Come hanno sottolineato, con ammirazione, anche i presidenti Fedriga e Zaia. Di chi - insieme allo strazio della perdita dei propri cari, della propria casa, dei propri averi - si è trovato di fronte a una scelta angosciante: andarsene o 'resistere'", ha detto il capo dello Stato.
"Esperienze - ha ricordato - che ritroviamo nei dialoghi di un sopravvissuto di Erto, Mauro Corona, nel suo 'Quelli del dopo'. Quel che li ha guidati - e che deve muoverci - è l’ansia di riconciliarci con il mondo che ci ospita, con la natura e l’ambiente in cui siamo immersi. Perché i disastri cambiano i luoghi ma il futuro delle loro popolazioni dipende anche dalla resistenza di coloro che, come i valligiani di questi luoghi, non hanno ritenuto di arrendersi".
"Un altro impegno si avverte, irrinunziabile. Quello della memoria che i cittadini di questi Comuni continuano a coltivare e che tutti avvertiamo come compito della Repubblica. Anche per questo motivo ritengo che sia non soltanto opportuno ma doveroso che la documentazione del processo celebrato a suo tempo sulle responsabilità rimanga in questo territorio", ha detto Mattarella.
"Quella documentazione - ha aggiunto - era stata, necessariamente, raccolta nei luoghi del giudizio penale perché aveva allora una finalità giudiziaria. Conclusi, da tanti anni, i processi, oggi riveste una finalità di memoria e ciò che attiene alla memoria deve essere conservato vicino a dove la tragedia si è consumata. Per onorare le vittime del Vajont e per riceverne ammonimento per evitare nuove tragedie".