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Pnrr, Parisi: "Oggi grandi risorse su ricerca ma cosa succederà poi, risposta è fondamentale"

Il premio Nobel per la Fisica: "C’è una profonda necessità di avere un piano che stabilisca i finanziamenti minimi assicurati per la ricerca per i prossimi, sette anni in maniera che si sappia che anche da noi si possono fare progetti a lunga scadenza".

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Giorgio Parisi (Fotogramma/Ipa)
16 febbraio 2022 | 12.38
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Oggi, con i fondi del Pnrr ci sono "grandi risorse sulla ricerca ma cosa succederà poi: la risposta è fondamentale". A scandirlo è stato il Nobel per la Fisica 2021, Giorgio Parisi, nel suo intervento per la visita del premier Mario Draghi, ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell'Infn. La tendenza, sulla fuga dei cervelli italiani "si è invertita, però - ha indicato Parisi- restano nubi per quanto riguarda il futuro. Il piano Amaldi-Maiani prevedeva che usciti dal Pnrr i finanziamenti anni per la ricerca italiana sarebbero dovuti essere di cinque miliardi superiori ai livelli attuali. In questo modo avremmo raggiunto fra cinque anni la Francia di adesso. Il Pnrr investe una grande quantità di risorse nella ricerca, ma cosa succederà quando finirà il Pnrr e l’Italia dovrà restituire i prestiti? Quante saranno le risorse da destinare alla ricerca dopo la fine del Pnrr?" ha chiesto Parisi.

"Avere una risposta a queste domande - ha sottolineato il Nobel italiano- è fondamentale per attirare in Italia i ricercatori, di qualsiasi nazionalità, che attualmente stanno all’estero o i giovani che non hanno ancora deciso dove stabilirsi. La regolarità delle fonti di finanziamento è cruciale per la ricerca. Gli scienziati vogliono poter sviluppare le loro idee e per far questo è necessario che la ricerca sia finanziata in maniera costante. È difficile far venire ricercatori in Italia quando questi si rendono conto che potranno comprare, o non comprare, i reagenti chimici a seconda dei risultati delle prossime elezioni".

Per Parisi "c’è una profonda necessità di avere un piano che stabilisca i finanziamenti minimi assicurati per la ricerca per i prossimi, sette anni in maniera che si sappia che anche da noi si possono fare progetti a lunga scadenza. Un piano di questo genere dovrebbe essere approvato dal parlamento a larghissima maggioranza e poi riveduto (ma mai al ribasso) ogni due tre anni. Nel passato la dinamica politica poteva rendeva difficile un’approvazione con una maggioranza bipartisan". "L’attuale situazione potrebbe rendere più facile l’approvazione a larghissima maggioranza di un impegno di finanziamento della ricerca per il prossimo futuro, anche dopo la fine del Pnrr. Un consenso raggiunto su lunghi piani pluriennali darebbe alla ricerca e ai ricercatori quella stabilità necessaria per poter programmare il futuro con serenità" ha detto ancora il fisico italiano.

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