“Non è un Paese per giovani, né sembra volerlo diventare” ha esordito Gian Luca Galletti, presidente di Ucid (Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti), intervenendo al Festival dell’Economia Civile di Firenze, nel panel intitolato ‘La giustizia intergenerazionale in una società aperta’. Centrale la questione delle competenze: “in Italia il mismatch nel mercato del lavoro riguarda ormai un’assunzione su due (il 48% secondo il Bollettino Excelsior di Unioncamere). Questo pregiudica le possibilità dei giovani, a cui il sistema scolastico e formativo non trasmette competenze spendibili, e comprime le possibilità di sviluppo delle imprese. Non c’è da stupirsi se il 19% dei giovani italiani sono Neet (1 su 5) e se le aziende che possono permetterselo fanno talent recruiting all’estero” ha sottolineato il presidente. Le priorità per gli imprenditori cattolici sono molto concrete: “politiche attive, connessione scuola-lavoro, formazione tecnica, esperienze in azienda. Cosa possiamo lasciare ai ragazzi se non trasmettiamo loro le competenze per farsi strada nel mondo del lavoro, per mettere in gioco il loro talento?” ha sottolineato. “Molto bene allora la spinta del Pnrr sugli ITS e molto bene anche la riforma dell’istruzione tecnica e professionale, voluta dal Ministro Valditara, se rispetterà le attese del mondo dell’impresa”.
Poi c’è il tema dell’orientamento generale del Paese. Le voci di bilancio della spesa pubblica parlano chiaro: “le pensioni assorbono metà della spesa destinata al welfare, poco meno di un quarto la sanità, quasi un quinto le politiche sociali. La gran parte della spesa si orienta verso la terza età e la quota dedicata ai giovani, quella dell’istruzione pubblica (11-12%), non centra l’obiettivo perché non crea le competenze per il lavoro. A che giustizia intergenerazionale può ambire una società che non investe sui giovani? Senza contare che per salario, redditi e quote di ricchezza, i giovani sono in netto svantaggio”.
Una ragione per cui poco si guarda ai giovani c’è ed è molto elementare: “sono pochi e poco si interessano di politica. Per questo, al di là della retorica e salvo qualche eccezione, le loro istanze nell’agone politico finiscono per non contare nulla”. E la demografia rischia di accentuare tali tendenze.
Poi le imprese, che per il presidente dell’Unione cristiana degli imprenditori si dividono in due: “quelle che guardano al profitto a breve o brevissimo termine non sono le imprese che vogliamo rappresentare. Mentre ci interessano le imprese che hanno uno sguardo lungimirante e che prima ancora del profitto, mirano a costruire un’eredità da lasciare. Queste imprese sono un valore per l’oggi e per il domani”. La politica dovrebbe prenderne atto: “Tommaso d’Acquino scriveva che trattare in modo uguale cosa diverse è la radice dell’iniquità. Bisognerebbe allora valorizzare le forme economiche che guardano al bene comune. La politica sia creativa: serve spingere a fare scelte sostenibili, che diano valore al futuro”.
La famiglia è tra le priorità per Ucid, “e non solo perché molte imprese sono familiari, ma perché oggi la sofferenza della famiglia si ripercuote in modo drammatico sui trend demografici di lungo periodo, che sono desolanti e mettono in serio pericolo la tenuta del Paese, dalla previdenza fino al mercato del lavoro”.
La manovra avrà risorse molto limitate, ma “il Governo manifesta sensibilità ai temi del lavoro con il taglio del cuneo, e della famiglia, con gli aiuti. Ma non guarda al lungo termine: la sfida demografica parte dai salari bassi, e dalla casa, sempre più difficile da acquistare, con l’aumento dei tassi è cresciuta l’esclusione finanziaria delle famiglie numerose (arrivata oltre il 30%, dal 13,3% di media). 8 donne su 10 dichiarano di volere figli e le coppie che già ne hanno ne vorrebbero altri: come dare concretezza a questo desiderio? Serve un grande patto sociale, un’alleanza che tenga insieme banche, imprese, istituzioni, per affrontare entrambe le sfide – casa e lavoro –, come si sta cercando di fare con il patto anti-inflazione. Altrimenti, gli spazi angusti del bilancio pubblico non basteranno. E non saremo orgogliosi di quello che lasceremo alle nuove generazioni”.