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Sparatoria Texas, negli Usa ci sono più armi che persone

La prima evidenza nel 2015 da un’analisi del Washington Post, il mercato continua a crescere

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(123RF)
25 maggio 2022 | 11.23
LETTURA: 4 minuti

Il dato, clamoroso, si è consolidato nel tempo: negli Stati Uniti ci sono più armi che persone in circolazione. Di fronte a un fatto come la sparatoria alla Robb Elementary School di Uvalde, in Texas, che ha causato la morte di almeno 19 bambini e due adulti, è da qui che deve partire qualsiasi analisi. Perché è evidente che ogni manifestazione di squilibrio, espressione di un disagio, di un problema personale o sociale, con un’arma a portata di mano diventa potenzialmente l’occasione per una strage.

Già nel 2015, un’analisi del Washington Post basata sui dati riportati dal Congressional Research Service (1998-2009), dal manufacturing and import/export data (2010-2013) e dall’U.S. Census, risultava chiaro come il numero delle armi civili (357 milioni) superasse di netto il numero totale della popolazione americana (317 milioni). In altre parole, già dal 2013 negli Stati Uniti erano presenti più armi da fuoco che persone.

L’aggiornamento dei dati mostra un trend di vendite in aumento, che ha visto un vero e proprio boom negli anni 2020/2021, segnati dalla pandemia e dalle tensioni sociali legate alla corsa alla Casa Bianca, che ha visto l’attuale presidente Joe Biden prevalere su Donald Trump, culminate nell’assalto a Capitol Hill. Oltre al Texas, da sempre lo Stato con una maggiore presenza di armi, nell’ultimo periodo le vendite si sono concentrate nella costa sudorientale (Florida, Georgia, North e South Carolina), in Minnesota e in Maryland.

Da gennaio a marzo 2022, secondo il report dell’osservatorio Nasgw citato da armimagazine.it, il mercato delle armi in America ha sostanzialmente fatturato quanto la media del primo trimestre degli ultimi tre anni; di fatto ci si sta assestando su livelli leggermente maggiori rispetto al biennio segnato da covid-19. Il fatturato del primo trimestre 2022 è sostanzialmente pari alla media triennale (-1,05%) pesantemente condizionata però dall’ultimo biennio: con 780,15 milioni di dollari si cresce rispetto ai numeri del 2019. È del resto evidente la flessione (-20,47%) rispetto al primo trimestre del 2021 che si chiuse con 980,96 milioni incassati. Il mercato quindi ha assorbito il salto di qualità degli ultimi due anni.

C’è un altro dato particolarmente significativo. Continua a crescere con decisione il mercato delle munizioni, che nel primo trimestre 2022 vale 114,92 milioni di dollari, +23,03% sull’anno scorso (93,41 milioni) e addirittura +53,76% sulla media triennale (74,74 milioni). Vuol dire che negli Stati Uniti le armi non solo si acquistano ma si usano anche. E sempre con maggiore frequenza.

Le parole utilizzate a caldo dal presidente Joe Biden riaprono un dibattito che ciclicamente torna a interrogare i partiti, l’opinione pubblica e le coscienze negli Stati Uniti. Il presidente definisce "un altro massacro" la strage nella scuola elementare texana e chiede leggi più severe sulle armi perché è "tempo di agire". Biden si chiede: "Quante decine di bambini, che hanno assistito a quello che è accaduto, vedono i loro amici morire come se fossero su un campo di battaglia? Come Paese dobbiamo chiederci: quando, in nome di Dio, ci opporremo alla lobby delle armi?".

La domanda riporta indietro nel tempo, a una cultura e a una tradizione che nessuno è riuscito veramente a scalfire. E si deve partire dalla Costituzione federale del 1789, in particolare dal secondo emendamento. “The Second Amendment gives citizens the right to bear arms” (Bill of Rights,1789). Quella impostazione si fonda sulla convinzione che le armi non siano solo armi di difesa ma anche uno strumento di garanzia per i cittadini, messi nelle condizioni di ribellarsi, evidentemente con il ricorso alle armi, nel caso in cui il governo non li avesse rispettati. Ci sono, nel secondo emendamento, tutte le stratificazioni delle scorie del colonialismo europeo e dello spirito della lotta per l’indipendenza americana.

Ma non si parla solo di storia. Il secondo emendamento della Costituzione americana è ancora oggi il fattore che legittima l’industria delle armi, le lobby che esprime e anche la convinzione di buona parte dell’elettorato e, di conseguenze, la connivenza della politica.

Chiunque abbia frequentato gli Stati Uniti sa bene quanto sia facile entrare in un negozio, o anche in un supermercato, e uscirne con armi e munizioni. È molto più complicato avere accesso a un locale per chi ha meno di 21 anni e molto più semplice perdere la patente di guida per una semplice infrazione stradale. Le leggi sono diverse da Stato a Stato, ma c’è una procedura federale da rispettare. Sostanzialmente, per comprare un’arma da fuoco in un negozio basta compilare un modulo, con i propri dati anagrafici e un’autocertificazione sui precedenti penali, l’uso di farmaci e la propria condizione di salute mentale. Segue un controllo preventivo con i database delle Autorità e arriva il via libera alla vendita. La stessa procedura salta però nella compravendita fra privati e anche nelle fiere che si tengono regolarmente in molti Stati.

C’è, insomma, un vuoto normativo che si somma a un’impostazione culturale, a una speculazione che ha profonde radici storiche, politiche, sociali ed economiche. Il risultato è l’aggiornamento continuo di stragi folli, come quella appena avvenuta alla Robb Elementary School di Uvalde, in Texas.

Di Fabio Insenga

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