La sentenza della Corte di Giustizia Ue, cui si è rivolto il Consiglio di Stato francese, boccia i respingimenti al confine in Francia
La Francia deve applicare la direttiva sui rimpatri, che prevede l'allontanamento forzato del migrante irregolare solo come extrema ratio, anche se ha ripristinato i controlli alle frontiere interne della zona Schengen. E' quanto stabilisce una sentenza della Corte di Giustizia Ue, cui si è rivolto il Consiglio di Stato francese, per appurare se, quando uno Stato membro decide di ripristinare temporaneamente i controlli di frontiera alle frontiere interne, possa adottare nei confronti del cittadino di un Paese terzo, privo di un titolo di soggiorno valido, a un valico di frontiera situato nel suo territorio e in cui vengono effettuati i controlli, un provvedimento di respingimento sulla sola base del codice frontiere Schengen, senza dover rispettare le norme e le procedure previste dalla direttiva sui rimpatri.
Tutto nasce da un ricorso presentato da diverse associazioni, tra cui gli Avocats pour la défense des droits des étrangers (Adde), che hanno contestato davanti al Conseil d’État (Consiglio di Stato) francese la legittimità di un’ordinanza che ha modificato il Codice sull’ingresso e sul soggiorno degli stranieri e sul diritto d’asilo (Ceseda). La Corte precisa che solo eccezionalmente la direttiva rimpatri consente agli Stati membri di escludere i cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare dall’applicazione della direttiva. Qualsiasi cittadino di un Paese terzo il cui soggiorno è irregolare deve, di norma, essere oggetto di una decisione di rimpatrio. Tuttavia, l’interessato deve, in linea di principio, beneficiare di un certo termine per lasciare volontariamente il territorio. L’allontanamento forzato avviene solo "in ultima istanza".
Per la Corte, in una situazione del genere, un provvedimento di respingimento può essere adottato sulla base del codice frontiere Schengen ma, per allontanare l’interessato, devono comunque essere rispettate le norme e le procedure previste dalla direttiva rimpatri, il che, riconosce la Corte, può "privare di una larga parte della sua utilità" il respingimento. La direttiva rimpatri si applica, in linea di principio, a partire dal momento in cui il cittadino di un Paese terzo, in seguito al suo ingresso irregolare nel territorio di uno Stato membro, è presente sul territorio irregolarmente, senza cioè soddisfare le condizioni d’ingresso, di soggiorno o di residenza. Questo vale anche qualora, come nell’ipotesi in esame, l’interessato sia stato sorpreso ad un valico di frontiera situato nel territorio dello Stato membro di cui trattasi. Una persona può infatti essere entrata nel territorio di uno Stato membro anche prima di aver attraversato un valico di frontiera.
La Commissione Europea ha "appena visto" la sentenza della Corte di Giustizia dell'Ue. "Ne prendiamo atto e monitoreremo" la situazione, "ma sta agli Stati membri assicurare il rispetto delle sentenze della Corte". Lo dice la portavoce per gli Affari Interni della Commissione, Anitta Hipper, durante il briefing con la stampa a Bruxelles.
La posizione della Commissione, aggiunge Hipper, "è molto chiara: reintrodurre i controlli ai confini interni deve rimanere una misura eccezionale, strettamente limitata nel tempo. Abbiamo iniziato un processo di consultazioni con gli Stati membri interessati e abbiamo un coordinatore per la zona Schengen, che è in costante contatto con i Paesi, per tentare di trovare soluzioni comuni a queste sfide. La Commissione ha anche iniziato nel maggio di quest'anno una consultazione formale ex articolo 27 del codice delle frontiere di Schengen. Continuiamo in questo processo e gli scambi con gli Stati membri sulle sfide comuni" nel campo delle migrazioni irregolari, conclude.