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Meloni in missione a Varsavia: sul tavolo migranti ed elezioni Ue

Incontro con il primo ministro Mateusz Morawiecki dopo lo stop di Polonia e Ungheria alle conclusioni in materia di migrazioni nell'ultimo Consiglio Ue

Afp
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05 luglio 2023 | 07.27
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Missione a Varsavia oggi per Giorgia Meloni, presidente del Consiglio e leader del partito dell'Ecr, i Conservatori e Riformisti Europei. La premier è arrivata poco stamane al Palazzo sulle acque nel Parc Lazienki per incontrare il premier polacco Mateusz Morawiecki. Dopo la stretta di mano sul sagrato del palazzo, Meloni, che ha ricevuto un grande mazzo di fiori, e Morawiecki sono entrati nella sala.

L’incontro con il premier polacco segue quello del 20 febbraio, sempre a Varsavia, e, secondo fonti di Palazzo Chigi, offre l'occasione per "consolidare il dialogo politico" e per ricercare il coordinamento e le potenziali sinergie sui principali temi dell’agenda Ue e internazionale, anche alla luce degli esiti del Consiglio Europeo del 29-30 giugno e in vista del prossimo vertice Nato di Vilnius, in Lituania. Il bilaterale rafforzerà "l’eccellente collaborazione bilaterale, in particolare in ambito economico".

Il dialogo politico tra Roma e Varsavia, ricordano le stesse fonti, si è intensificato negli ultimi mesi. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha effettuato una visita di Stato in Polonia a metà aprile. Morawiecki potrebbe sollevare la questione del vertice intergovernativo italo-polacco, la cui terza e ultima edizione si è tenuta a Varsavia nel 2013. Sul piano economico l’interscambio commerciale tra Italia e Polonia è in forte crescita: 33,6 miliardi di euro nel 2022 (+16%) con un saldo positivo di 5,2 miliardi di euro. L’Italia è il quarto fornitore e il sesto cliente della Polonia a livello globale.

Meloni ha appena visto il collega polacco, solo qualche giorno fa al Consiglio Europeo a Bruxelles, dove Polonia e Ungheria hanno fatto saltare le conclusioni in materia di migrazioni, costringendo il premier Charles Michel ad adottare conclusioni della presidenza, che non impegnano i 27. Meloni, come l’olandese Mark Rutte con il quale sulle politiche migratorie sembra esserci sintonia (sono andati insieme a Tunisi, con Ursula von der Leyen), ha fatto buon viso a cattivo gioco, dimostrando comprensione per la posizione di Orban e Morawiecki (Rutte, che è liberale, è stato meno comprensivo, ma ha notato che le mancate conclusioni non sono un grosso problema, perché il dossier in Consiglio, a livello di ministri, procede ugualmente).

Mentre Orban non è un compagno di partito di Meloni (Fidesz, uscita dal Ppe, è finita nel Limbo dei Non Iscritti), Morawiecki è del Pis, che è una colonna dell’Ecr. E il tema delle migrazioni potrebbe tornare sul tavolo nell’incontro di oggi: la Polonia, che andrà ad elezioni in autunno, è nettamente contraria alla solidarietà flessibile prevista nella posizione negoziale del Consiglio. Giocano anche motivazioni elettorali, tanto che il governo polacco si è detto pronto a convocare un referendum, in concomitanza con il voto, contro i “ricollocamenti obbligatori” europei, che in realtà non ci sono, perché il compromesso raggiunto prevede quella che un tempo si definiva ‘solidarietà à la carte’, cioè o ricollocamenti, o compensazioni finanziarie o assistenza tecnica.

La Commissione Europea ieri ha intanto tenuto la linea, ricordando, per bocca del portavoce capo Eric Mamer, che, una volta che la legge Ue viene adottata “si rispetta e viene fatta rispettare. Punto e basta”. Si vedrà: in passato Ungheria e Polonia si sono rivelati ossi molto duri, che neppure una vecchia volpe come Jean-Claude Juncker riuscì a spezzare, anche se oggi sono molto più isolati di allora. I Paesi di primo arrivo, davanti alla evidente impossibilità di ottenere i ricollocamenti obbligatori, affossati dal gruppo di Visegrad e da Donald Tusk (anche lui polacco, ma del Ppe), si sono ormai convinti ad accettare il compromesso della solidarietà flessibile. Non solo l’Italia di Meloni, ma anche la Spagna del socialista Pedro Sanchez, il quale ha detto chiaramente che l’obiettivo della presidenza spagnola è chiudere il patto Ue sulle migrazioni e l’asilo, pur definendo bene che cosa si intende per “solidarietà flessibile”.

Quella di Sanchez è una linea realista, da uomo di governo, molto distante da quelle di alcuni leader di partito dell’S&D che stanno all’opposizione e tornano a posizioni meno pragmatiche. Meloni potrebbe riprendere con Morawiecki il tema migrazione, consapevole però che è sulla dimensione esterna che è più facile trovare un terreno di intesa. Ma i polacchi, che sentono le urne avvicinarsi, sono rocciosi e anche sulle compensazioni finanziarie sembrano fare orecchie da mercante, anche se hanno buon gioco a lamentare di aver ricevuto per ogni ucraino accolto molto meno dei 20mila euro che dovrebbero versare a fronte di ogni rifugiato non ricollocato (soldi che andranno, su espressa richiesta dell’Italia, in un fondo Ue destinato a finanziare iniziative sulla dimensione esterna, di cooperazione con i Paesi di origine e transito dei migranti).

Sostanzialmente, polacchi e ungheresi pensano, o fingono di pensare, che gli arrivi da sud non siano un problema loro. Un elemento che però mette d’accordo Meloni con Morawiecki, e in realtà anche altri leader europei che sul punto sono magari meno vocali (la Spagna è efficacissima negli accordi con i Paesi africani della costa atlantica settentrionale, a partire dal Marocco), è che gli arrivi devono calare. Altrimenti, anche il nuovo patto Ue sulle migrazioni e l’asilo non funziona. Se i numeri sono piccoli, allora i flussi diventano gestibili e un accordo forse si potrà trovare persino con polacchi e ungheresi. Beninteso, lontano dalle elezioni.

Un altro tema che Meloni in teoria potrebbe toccare, oltre all'allargamento dell'Ue ai Balcani Occidentali e alla riforma delle istituzioni Ue, sono le elezioni europee. I Conservatori, che guida, attualmente sono il quinto partito del Parlamento Europeo, con 66 seggi, dopo il Ppe (176), l'S&D (144), Renew Europe (101) e i Verdi/Ale (72), davanti a Identità e Democrazia (62), l'altro gruppo della destra, e alla Sinistra (37), ma sembrano destinati a crescere nelle prossime elezioni del 6-9 giugno 2024. Secondo Europeelects.eu, un sito di volontari che si occupa di raccogliere i sondaggi nazionali e di elaborarli ogni mese

Secondo Europeelects.eu, l’Ecr allo stato dovrebbe ottenere un’ottantina di seggi (83). Sono tanti, per un partito pressoché assente da due grandi Paesi come Francia e Germania, ma se aggiunti ai circa 160 del Ppe restano ben lontani dal fare una maggioranza nell’Aula (353 come minimo). Anche aggiungendo una novantina di Renew (ammesso e non concesso che i Liberali possano ‘digerire’ un’alleanza con l’Ecr senza frantumarsi), la maggioranza non esiste, senza i Socialisti. E quindi, Meloni sa bene che la strategia del Ppe, già in atto, sarà quella di scegliere ‘fior da fiore’ e di tentare di spaccare l’Ecr. Se nei confronti del Pis le porte sono sbarrate, almeno fino alle elezioni polacche (Piattaforma Civica di Donald Tusk è il principale sfidante del Pis ed è del Ppe), con Fratelli d’Italia la storia potrebbe essere diversa. Il Ppe ha tre linee rosse: si dialoga con un partito se è pro Ue, pro Ucraina e pro Stato di diritto.

Meloni finora a livello Ue si è mossa in continuità con la linea di Mario Draghi su molti dossier e, soprattutto, ha ancorato saldamente al sostegno a Kiev un Paese come l’Italia, che ha tradizionalmente ottimi rapporti con la Russia. Oltretutto, lo ha fatto a capo di una coalizione di centrodestra dove le simpatie per Mosca sono storicamente forti. È una cosa che a Bruxelles pesa, come si vede dal trattamento di riguardo riservato a Meloni da Ursula von der Leyen, la quale ha peraltro anche bisogno di voti, se vuole essere rieletta.

Con Morawiecki Meloni parlerà dunque anche di questo, anche se va ricordato che il Pis, pur avendo i suoi problemi con Bruxelles, dialoga con la Commissione, dato che governa un grande Paese come la Polonia: con von der Leyen, che ha votato nel 2019, ha ottenuto un commissario di peso, Janusz Wojciechowski all’Agricoltura. La prospettiva di un gruppo unico delle destre, ipotizzata per mesi e mesi prima delle europee del 2019 e mai concretizzatasi, resta lontana, come e forse più di allora, per una serie di motivi, a partire dalle posizioni tradizionalmente non ostili alla Russia del Rassemblement National di Marine Le Pen, che non a caso siede nel gruppo Id con la Lega, e non nell’Ecr dove il Pis non vuole partiti considerati filorussi.

Inoltre, la probabile ascesa della destra di AfD a spese della Cdu/Csu in Germania potrebbe far sì che il Ppe alzi un muro ancora più alti nei confronti di quelli che fonti della Lega a Bruxelles chiamano “i nipotini di Adolf”, e di quelli che stanno con loro in un gruppo in cui saranno ancora più forti di adesso. Mettersi in un gruppo con loro, per i Conservatori, vorrebbe dire chiudere ogni possibilità di dialogo e intesa con il Ppe, che sui singoli temi è comunque aperto a votare a geometria variabile, come si vede sul Green Deal in queste settimane. L’obiettivo dei Popolari, per la prossima legislatura, è fare in modo che non ci sia in Parlamento una maggioranza che li possa escludere, cosa che oggi succede quando Socialisti, Verdi, Liberali e Sinistra riescono a mettersi d’accordo. In questo gioco del Ppe a più forni l’Ecr, o parte di esso, potrebbe entrare eccome.

Sarebbe logico che la presidente dell’Ecr parlasse di tutti questi temi più ‘partitici’ non con il primo ministro polacco, ma con il leader del Pis, Jaroslaw Kaczynski. Ma, come confermano due fonti all’Adnkronos, Meloni non incontrerà Kaczynski. Una fonte qualificata spiega che non c’è “nessun giallo” è che i rapporti tra Meloni e Kaczynski sono “serenissimi”, anche se il politico polacco non ha, notoriamente, un carattere facile. L’incontro non si farà “per motivi di agenda”, perché Meloni si tratterrà nella capitale per un tempo limitato e Kaczynski “è in campagna elettorale”. Secondo la fonte, Meloni “sta talmente poco" che non si è riusciti ad "incastrare” un appuntamento con il leader del primo partito dell’Ecr. Sia come sia, Meloni potrebbe parlare con Morawiecki anche di Ucraina e del sostegno da apportare a Kiev “per tutto il tempo necessario”.

Su questo tema, importantissimo per i polacchi che vivono la rinascita del nazionalismo russo come una minaccia esistenziale, la sintonia tra i due è probabilmente alta, anche perché Morawiecki sa, come Meloni, che in Italia il sostegno all’Ucraina non è la posizione necessariamente più redditizia dal punto di vista elettorale.

Dopo il bilaterale, i due premier dovrebbero spostarsi al Sofitel per partecipare alle giornate di studio dell’Ecr, cui partecipano tutte le delegazioni dei rispettivi partiti nazionali, così come accademici, rappresentanti politici, delle istituzioni e del mondo imprenditoriale. Ieri ha partecipato il presidente della Polonia, Andrzej Duda. A introdurre i lavori, alla presenza di Meloni e Morawiecki, saranno i due presidenti del gruppo Ecr al Parlamento Europeo, Ryszard Legutko e Nicola Procaccini. Nel pomeriggio le sessioni di lavoro previste sono ‘Europa libera e unita in tempi di cambiamenti geopolitici globali’ e ‘Fit for 55 e la transizione energetica: chi pagherà’. Al tema della ‘Famiglia al centro delle politiche governative’ sarà dedicata la sessione di giovedì 6 luglio. Ma Meloni sarà già rientrata a Roma.

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