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La testimone: "A Beirut scene di guerra, rischio nube tossica"

Myriam Tomè all’Adnkronos: "Le autorità ci hanno detto di non uscire di casa per tre giorni perché forse pioverà e potrebbe essere pericoloso perché tutto è tossico"

(Afp)
(Afp)
05 agosto 2020 | 12.13
LETTURA: 3 minuti

di Federica Mochi

"A Beirut è tutto distrutto, sembra una scena di guerra. E’ stato come un terremoto, tre ospedali sono distrutti e stanno curando i feriti nei parcheggi, non c’è elettricità e dentro è come se fosse tutto bombardato, per fortuna qualcuno ha solo fratture lievi ma la situazione è grave”. Myriam Tomè ha la voce pacata ma è comunque provata mentre racconta all’Adnkronos il day after l'esplosione che si è verificata a Beirut, in Libano e che ha provocato, mentre scriviamo, almeno 100 morti e oltre 100 dispersi. Architetto libanese, 30 anni, Myriam vive e lavora a Firenze ma da qualche settimana si trova in Libano per trascorrere le vacanze estive.

"Al momento dell’esplosione ero a casa, a 7 km dal porto - spiega - in un primo momento ho pensato che fosse un terremoto ma andava avanti. Così sono scesa dai miei genitori e fratelli. Viviamo all’ottavo e al nono piano di un palazzo e da sopra si vede il porto. Si muoveva tutto, è stato come un terremoto di magnitudo 4.5, abbiamo sentito questa esplosione, pensavamo che fosse un aereo di guerra, era davvero forte”.

Assieme alla sua famiglia, ieri sera Myriam ha fatto le valigie e si è diretta verso le montagne, a Batroun, 44 km da Beirut, dove i suoi hanno una casa. “C’era un traffico tremendo - racconta - tutti scappavano verso le montagne o provavano a recarsi negli ospedali per dare una mano. Mia cugina è andata a donare il sangue, davanti a ogni ospedale c’erano 2.000 persone in fila per donare”.

Tomè assicura di stare bene ma qualche suo amico ha visto la propria abitazione sgretolarsi, letteralmente, sotto i piedi. "Ho chiamato i miei amici a Beirut - spiega - alcuni hanno le case completamente distrutte, qualcuno al momento dell’esplosione si trovava lì per lavoro. Una mia amica stava prendendo un caffè e voleva andare via ma è dovuta restare in centro fino alle 22 perché la sua macchina era bloccata in un parcheggio e non poteva recuperarla. Beirut era tutta bloccata”.

Anche lei ha rischiato grosso: “Avevo tre appuntamenti di lavoro al centro della città ieri - racconta - ma non sono potuta andare perché prima dell’esplosione la mia macchina non partiva. Ero così arrabbiata, per fortuna, pensandoci ora, è andata così”. Mentre la conta drammatica di morti e dispersi va avanti ("abbiamo saputo che nel mio palazzo sono morte tre persone e una ragazza non sappiamo più dove sia" spiega l'architetto), sui social è partita una catena per rintracciare i dispersi. "Abbiamo creato una pagina su Instagram con le immagini delle persone disperse per aiutare a ritrovarle" afferma Tomè.

Ma a fare paura, ora, è il pericolo di tossine nell’aria: "C’è una grossa nuvola arancione che ha attraversato tutte le montagne del Libano e che si vede anche da qui - racconta ancora l'architetto -. Adesso si sta dirigendo verso la Siria. Le autorità ci hanno detto di non uscire di casa per tre giorni perché forse pioverà e potrebbe essere pericoloso perché tutto è tossico".

L'esplosione di ieri è avvenuta vicino al luogo dell'esplosione che nel 2005 ha ucciso l'ex premier Rafiq Hariri e altre 21 persone “ma era molto molto più forte stavolta" ammette Tomè. Un'esplosione avvenuta a tre giorni dalla sentenza sull’omicidio dell’ex premier. “Qualcuno dice che si è trattato di un messaggio - chiosa - ieri in un primo momento abbiamo pensato che fosse successo qualcosa al figlio di Hariri ma ora tutti aspettano con ansia venerdì per capire cosa succederà”.

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