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Israele-Hamas, ripresa negoziati difficile dopo Rafah: il tentativo dei mediatori

Egitto, Qatar e Usa impegnati nel rilancio dei colloqui per il cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi. Intanto Lo Stato ebraico avrebbe consegnato una nuova proposta ufficiale

Rafah - Afp
Rafah - Afp
29 maggio 2024 | 06.43
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Una delegazione della sicurezza egiziana, in coordinamento con il Qatar e gli Stati Uniti, sta tentando di rilanciare i negoziati tra Israele e Hamas per raggiungere un cessate il fuoco a Gaza ed il rilascio degli ostaggi. A riferirlo un funzionario citato dall'emittente egiziana al-Qahera, secondo cui Il Cairo avrebbe avvertito le parti interessate che le iniziative per rilanciare i colloqui sono state indebolite dall'offensiva israeliana a Rafah, nel sud di Gaza, che ha avuto "conseguenze disastrose".

Lo Stato ebraico avrebbe intanto consegnato ai mediatori una proposta ufficiale, scritta e aggiornata riguardo un possibile accordo, ha rivelato Barak Ravid, giornalista di Axios, che cita fonti secondo cui la proposta sarebbe stata consegnata lunedì scorso.

Secondo quanto trapela, il documento include la volontà di dimostrare "flessibilità" riguardo il numero di ostaggi in vita che dovrebbero essere rilasciati nella prima fase dell'accordo, così come la disponibilità a parlare delle richieste di Hamas per una "calma sostenibile" nella Striscia di Gaza.

L'indagine di Israele su Rafah, la reazione Usa

A complicare ulteriormente i colloqui, da sempre in salita, è intanto il raid israeliano di domenica scorsa su Rafah che avrebbe provocato decine di morti.

I militari israeliani sostengono, sulla base dei primi risultati dell'inchiesta dopo il raid che avrebbe innescato un terribile incendio in una zona per sfollati, che la strage sia stata provocata da un'esplosione "secondaria". I militari, scrive quindi il Times of Israel, sospettano che munizioni o sostanze combustibili, di cui non erano a conoscenza, possano aver provocato un'esplosione e un incendio che si è propagato fino all'area con gli sfollati, dopo l'attacco aereo contro due comandanti di Hamas. L'inchiesta iniziale delle Idf sospetta la presenza di munizioni, armi o altro materiale nell'area del raid.

I militari dicono di aver tracciato i comandanti di Hamas Yassin Rabia e Khaled Najjar prima del raid contro l'edificio in cui si trovavano domenica sera nella zona di Tel Sultan, nella parte occidentale di Rafah. E, secondo le informazioni di intelligence delle Idf, l'area veniva usata da Hamas, con la presenza di un lanciarazzi a poche decine di metri dal punto in cui sono stati uccisi i due comandanti. Secondo i militari, il raid non ha colpito l'area, indicata come "zona umanitaria", nella regione di al-Mawasi e il sito di Hamas preso di mira si trova a più di un chilometro.

Inoltre, riporta ancora il Times of Israel, i caccia israeliani hanno sganciato due munizioni 'piccole', ognuna da 17 chili. Per il portavoce militare israeliano Daniel Hagari, riferisce anche il Guardian, quelle munizioni sarebbero troppo 'piccole' per innescare un incendio. Ma dopo il raid sono divampate le fiamme nella zona con gli sfollati. E i palestinesi hanno denunciato l'uccisione di 45 persone. Il premier israeliano Netanyahu ha parlato di un "tragico incidente".

Gli Stati Uniti "valuteranno con attenzione" i risultati dell'inchiesta, ha detto il portavoce del dipartimento di Stato, Matthew Miller, che ha affermato che questi risultati devono essere "presentati in modo aperto e trasparente a noi ed al mondo".

"Siamo profondamente rattristati dalla tragica perdita di vite umane a Rafah", ha detto ancora Miller definendo "strazianti" le immagini dei civili uccisi e spiegando che Washington immediatamente dopo il raid ha espresso a Israele "le nostre profonde preoccupazioni", chiedendo "informazioni ed un'indagine piena" in attesa di un rapporto definitivo per dare la sua valutazione.

"L'esercito israeliano continua l'indagine e promette che sarà veloce, complessiva e trasparente, noi analizzeremo attentamente i risultati- ha concluso - e continueremo a sottolineare a Israele i suoi obblighi del rispetto della legge umanitaria, per minimizzare l'impatto delle sue operazioni sui civili e massimizzare il flusso di aiuti". In ogni caso, Miller ha aggiunto che è importante "scoprire che cosa abbia effettivamente provocato l'incendio", notando che Israele sostiene che vi potrebbe essere stato nella zona un deposito di armi.

"Come risultato del raid a Rafah non ho cambiamenti di politica da annunciare, è appena successo, gli israeliani stanno indagando, osserveremo con grande interesse quello che scopriranno", ha poi aggiunto il portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, John Kirby, rispondendo durante il briefing alle domande riguardo al raid. Kirby ha sottolineato che Washington ha subito condannato "la morte dei civili, ma dobbiamo capire quello che è successo".

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