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Israele, Hamas e l'accordo: la trappola del 'linguaggio ambiguo'

Nuova missione del segretario di Stato Usa Blinken per ridurre le distanze, "significative"

Tank israeliano - (Fotogramma)
Tank israeliano - (Fotogramma)
19 agosto 2024 | 11.33
LETTURA: 2 minuti

Termini "ambigui", nodi non secondari e tante "perplessità" da una parte, dall'altra la convinzione che la tregua a Gaza non sia mai stata così vicina. Il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, è in Israele per una nuova missione per ridurre le distanze, "significative", tra Israele e Hamas sulla proposta di cessate il fuoco promossa dagli Usa nel tentativo di porre fine a più di dieci mesi di combattimenti nella Striscia di Gaza.

La proposta Usa: cosa prevede

I negoziatori americani, guidati dal capo della Cia William Burns, hanno presentato venerdì la proposta alle parti, nella speranza di concludere questa settimana i negoziati, ma - evidenzia il Washington Post - "restano forti dubbi".

Non sono motivati solo dalle parole arrivate sabato da Hamas, che considera un' "illusione" la dichiarazione di progressi nei colloqui ed è tornato ad accusare Israele di aver posto nuove condizioni. La proposta sostenuta dagli Usa e dagli altri mediatori, Qatar ed Egitto, prevede sei settimane di cessate il fuoco, il rilascio di decine di ostaggi israeliani e detenuti palestinesi nelle carceri israeliane, e il ritiro delle forze israeliane dai principali centri abitati di Gaza.

I punti controversi

I principali punti controversi, secondo fonti diplomatiche citate dal giornale, sono stati l'insistenza israeliana nel mantenere una presenza militare lungo la cosiddetta 'Philadelphi Route', il 'corridoio' tra l'Egitto e la Striscia di Gaza, e la creazione di checkpoint per il controllo dei palestinesi che vogliono tornare nel nord di Gaza. Ci sarebbero anche questioni irrisolte sull'elenco dei detenuti palestinesi che verrebbero rilasciati da Israele. La riduzione della presenza militare israeliana (e non il ritiro delle truppe) lungo la 'Philadelphi Route' e un piano per affidare all'Autorità palestinese (sotto la supervisione israeliana) la gestione del valico di Rafah, al confine tra Egitto e Gaza, sarebbero i punti individuati per 'colmare' il divario, secondo un esponente di Hamas.

E, scrive il Post, se anche si dovesse arrivare a un accordo ci sono "dubbi diffusi" che possa portare alla fine del conflitto a Gaza per le "ambiguità" del "linguaggio" del testo e, dopo il rilascio della maggior parte degli ostaggi da parte di Hamas nelle prime sei settimane di tregua, Israele e Hamas dovrebbero avviare negoziati per un cessate il fuoco duraturo. Ma, dicono i diplomatici citati dal giornale, se Israele 'vedesse' il fallimento dei colloqui potrebbe riprendere le operazioni militari a Gaza.

E al Post il portavoce di Hamas Sami Abu Zuhri ha chiarito che "non ci sono garanzie o impegni per fermare la guerra dopo l'attuazione della prima fase dell'accordo". "E - ha concluso - perché dovremmo fare un accordo che non porta alla fine della guerra?".

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