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Iran abbandonato anche da alleati Cina e Russia, Brics non pervenuti

Putin tace e non ha armi da elargire, Xi Jinping non può permettersi una crisi petrolifera. Mentre Israele ha al fianco gli Usa

Un'immagine di Hassan Nasrallah a Teheran (Afp)
Un'immagine di Hassan Nasrallah a Teheran (Afp)
03 ottobre 2024 | 13.59
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Il conflitto tra Israele e Iran rientra nella più ampia contrapposizione tra democrazie liberali e autocrazie, che negli ultimi dieci anni ha in parte ricalcato dinamiche e schieramenti della Guerra fredda. Per questo la domanda in questi giorni è: dove sono Russia e Cina? Come mai sia Xi Jinping (sempre molto cauto) che Putin (decisamente più ciarliero) tacciono davanti alla morte di Nasrallah e alla evidente difficoltà del loro alleato? L’Iran ha strettissimi rapporti con Mosca, cui fornisce droni e anche missili balistici da usare nella sua guerra contro l’Ucraina, ed è membro della Sco, la Shanghai cooperation organization, una specie di ‘anti-Nato’ istituita nel 2001 e guidata dalla Cina. Che è il primo partner commerciale di Teheran e compra l’89% del petrolio iraniano (dati febbraio 2024, Atlantic Council).

Nonostante questo, e nonostante la propaganda anti-occidentale che descrive il fronte delle autocrazie come una corazzata unita e invincibile, i due principali alleati non fanno nulla in favore degli ayatollah. La verità è che non potrebbero, anche volendo: la Cina, dopo aver organizzato la plateale e parecchio gonfiata 'distensione' con l’Arabia Saudita, non ha fatto passi avanti nella sua influenza mediorientale. Né a livello politico né tantomeno militare: se nell’Indo-Pacifico mostra i muscoli, in altri quadranti si muove coi piedi di piombo. Una crisi più profonda nella regione, e il danneggiamento di pozzi e strutture petrolifere (anche dell’Arabia Saudita, che nel 2019 fu colpita da asset iraniani, ed è il secondo fornitore di Pechino), sarebbe un disastro per l’economia cinese, già in grande difficoltà e dipendente da sempre maggiori quantità di greggio.

La Russia non ha forniture militari da elargire, visto che il percorso è inverso: è Teheran a sostenere lo sforzo bellico putiniano, insieme alla Corea del Nord. Certo, il ministro degli Esteri Lavrov visita spesso il Paese, ma il fatto che non sia arrivato nessun segnale in loro favore in questi giorni è molto preoccupante per il regime. E gli altri Brics, il blocco di cui l’Iran è entrato a far parte dal 1 gennaio 2024? Zero. Anzi, da alcuni c’è aperta ostilità.

Solo due settimane fa, l’ayatollah Khamenei ha attaccato i ‘nemici dell’Islam’ che maltrattano le minoranze musulmane, e tra questi ha incluso l’India.

 

La risposta è stata dura: “Inaccettabile, guardi in casa sua come vengono trattate le minoranze”. Il Brasile non entra proprio nella partita, mentre l’Indonesia, che da anni valuta di unirsi al club dei Brics, ospita la più grande popolazione sunnita al mondo e come gli altri paesi a maggioranza sunnita ha trovato gravissimo che l’attacco iraniano abbia messo nel mirino anche l’area di Gerusalemme, sacra per i sunniti ma poco rilevante per gli sciiti. A parte il Fattah-1, che ha una testata dotata di un motore indipendente e che si può manovrare da remoto, gli altri missili balistici lanciati dall’Iran hanno un raggio di impatto piuttosto ampio; dunque, se qualcuno fosse sfuggito al sistema di intercettazione israeliano, sarebbe potuto cadere su aree a maggioranza musulmana o di valore storico-religioso. Insomma, se la guerra prendesse una piega ancora più grave, non ci sarebbe nessuno capace di (o disposto a) correre in soccorso di Teheran.

Dall’altra parte, Israele che in questi mesi non è certo il più amato dalla comunità internazionale, ha incassato la condanna delle Nazioni Unite nei confronti dell’Iran (senza menzioni sulla sua condotta, una vittoria diplomatica) e può contare su un Joe Biden che questa volta si schiera a favore di una risposta misurata, ma dura. Mentre ad aprile gli Stati Uniti, dopo la pioggia di razzi, missili e droni, e il successivo ‘strike’ israeliano su obiettivi mirati iraniani, hanno consigliato a Netanyahu di 'prendersi la vittoria’ senza fare ulteriori mosse, in queste ore stanno decidendo insieme a lui quale sarà la risposta nei confronti di Teheran.

Si parla di colpire siti militari, infrastrutture energetiche, forse l’area dei siti nucleari Isfahan, Natanz e Fordow. Che però si trovano a una profondità tale da essere al riparo dalle bombe ‘bunker buster’ che hanno una testata da circa 1.000 kg e che Israele ha usato per uccidere Nasrallah in Libano. Gli unici ad avere armi in grado di danneggiare le centrali costruite sotto la roccia sono gli Stati Uniti, con i bombardieri B-1 armati di Massive Ordnance Penetrator (Mop), bombe con testate da 2.500-3.000 kg. Ma non ci sono indicazioni che a Washington, soprattutto alla vigilia di un’elezione cruciale, siano pronti a una scelta simile. (di Giorgio Rutelli)

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