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Spagna

"In Catalogna i veri martiri siamo noi", parlano gli anti separatisti

L'accusa di Miriam Tey, esponente di Sociedad civil catalana: "Gli indipendentisti agiscono come in un regime"

(Afp)
(Afp)
18 ottobre 2019 | 15.55
LETTURA: 4 minuti

di Maria Cristina Vicario
In Catalogna i veri "martiri" siamo noi, i cittadini che non vogliono separarsi con la Spagna, il governo autonomo di Barcellona si comporta come "un regime" contro chi "non è allineato" con gli indipendentisti. Il dialogo è possibile, ma solo "nell'ambito della legge". A parlare così con l'Adnkronos è Miriam Tey, vicepresidente di Citizens pro Europe ed esponente di Societat Civil catalana (Scc), organizzazione che riunisce i catalani contrari alla secessione. Il 27 ottobre Scc manifesterà nuovamente a Barcellona, dopo aver portato un milione di persone in piazza l'8 ottobre 2017 durante il tentativo di secessione.

Tey ricorda che i secessionisti sono in maggioranza al parlamento di Barcellona grazie ai meccanismi elettorali, ma fra i cittadini della regione sono in realtà in minoranza. Il 'proces' portato avanti dagli indipendentisti catalani per separarsi dalla Spagna, sottolinea, "ha diviso la società catalana, è stato portato avanti con mezzi non democratici, come è stato dimostrato in tribunale (al processo contro i leader secessionisti, ndr), ha danneggiato l'economia e violato molti dei diritti dei cittadini che vivono in Catalogna".

Quando la gente "si è resa conto che questo 'proces' non portava da nessuna parte, la sua frustrazione si è trasformata in violenza, una violenza appoggiata e incoraggiata dal Governo della Catalogna - rimarca Tey - Con questa spiegazione si può chiaramente capire che i martiri in Catalogna non sono i separatisti, ma i cittadini costituzionalisti".

Di fronte alle proteste di questi giorni dopo le condanne dei leader separatisti a pene fino a 13 anni di carcere, fra scontri con la polizia, e blocchi delle strade e l'aeroporto, Tey parla di "violenza deplorevole, irresponsabile e drammaticamente auspicata dalle istituzioni", aggiungendo che il presidente del governo autonomo Quim Torra dovrebbe "dimettersi" per aver incitato i manifestanti separatisti.

Attiva nel mondo dell'editoria catalana, fra i promotori della candidatura a sindaco di Barcellona dell'ex premier francese Manuel Valls, Tey sottolinea che il dialogo è sempre possibile in Catalogna, ma deve svolgersi nell'ambito dello stato di diritto. "In ogni paese democratico del mondo - sottolinea - la convivenza avviene nell'ambito della legge. La Spagna è un solido stato di diritto, si può obiettare a leggi approvate democraticamente, si può dissentire dal governo, ma se si vuole mantenere la pace le leggi vanno rispettate. Per questo dico al presidente del governo (catalano) in carica che la via del dialogo è sempre aperta ma nell'ambito della legge. E' attraverso il dialogo che la Catalogna è diventata una regione con più autonomia di un land tedesco".

Il messaggio della manifestazione del 27 ottobre, afferma Tey, "é chiaro, stop al 'proces', basta mezzi illegali, basta abusi contro i cittadini da parte di un potere settario che agisce come un regime favorendo chi gli è ideologicamente affine, che mette in difficoltà, ignora o espelle chi non è allineato con la sua volontà di separare la Catalogna dalla Spagna".

"Noi - sottolinea Tey - sosteniamo i valori europei, con il rispetto della diversità, le garanzie di uguaglianza, non vogliamo frontiere e rispettiamo le idee politiche di tutti, sempre che la via per conseguirle in una democrazia sia nell'ambito della legge. La democrazia legittima il valore della legge e nessuna persona, nessun politico, gruppo grande o piccolo che sia, può porsi al di sopra delle legge, né ha il diritto di imporre le sue idee al resto dei cittadini".

Agli italiani, dichiara Tey, voglio dire che "i catalani costituzionalisti, i catalani che considerano la democrazia e lo stato di diritto come un bene da preservare, hanno sofferto per anni degli abusi del governo catalano e dell'abbandono del governo spagnolo". "Una opinione egemonica è stata imposta dai mezzi di comunicazione, la scuola e le istituzioni in Catalogna. Per troppo tempo siamo stati relegati nel silenzio, sottoposti ad ostracismo, abbiamo perso il lavoro, subito rotture nel nostro ambiente personale. Ma ora diciamo basta. Non vogliamo tacere e scenderemo in strada per dire che siamo per la convivenza nell'ambito della legge, unico strumento che può garantirla".

Quanto al nuovo referendum sulla secessione, minacciato ieri dal capo del governo catalano Torra, Tey ricorda che quanto viene organizzato illegalmente viene punito dalla legge. "Per qualsiasi riforma legislativa, territoriale o giuridica, in Spagna come in qualsiasi altro paese democratico -ci tiene ad aggiungere - serve una maggioranza. Il separatismo catalano non ha questa maggioranza. Ce l'ha solo nel parlamento catalano, ma ciò non corrisponde alla maggioranza sociale a causa della legge elettorale, né in Catalogna, né tantomeno in Spagna".

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