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Guerra Ucraina-Russia e Nato, il piano di Trump

Politico accende i riflettori sull'agenda dell'ex presidente: con lui alla Casa Bianca, Nato 'a due velocità'

Donald Trump
Donald Trump
03 luglio 2024 | 00.06
LETTURA: 3 minuti

La Nato non si espande a Est, lasciando fuori Ucraina e Georgia, e tratta con Vladimir Putin per porre fine alla guerra con la cessione di territori ucraini alla Russia. Nell'agenda di Donald Trump è questo il piano per porre fine al conflitto in corso da oltre 2 anni. L'ex presidente degli Stati Uniti punta a tornare alla Casa Bianca nelle elezioni di novembre 2024 e il flop di Joe Biden nel recente dibattito televisivo ha fatto alzare le quotazioni del tycoon.

Il secondo mandato di Trump avrebbe ripercussioni notevoli sulla politica estera degli Usa e in particolare sul ruolo di Washington nella Nato, come evidenzia Politico. L'ex presidente negli ultimi mesi ha detto e ripetuto che la guerra, con lui alla Casa Bianca, non sarebbe mai iniziata. La sua mediazione, ha ribadito, consentirebbe di porre fine alle ostilità nell'arco di 24 ore: parole accolte con scetticismo in particolare dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

Trump e la pace con Putin

Ad aprile, il Washington Post ha scritto che Trump sarebbe favorevole alla cessione di Crimea e Donbass alla Russia. Un'anonima fonte vicina all'ex presidente, però, fa notare che Trump "sarebbe aperto" ad una soluzione "che precludesse l'espansione della Nato e evitasse il ritorno ai confini del 1991 per l'Ucraina".

Queste ipotesi "sarebbero sul tavolo. Ma ciò non significa rinunciare a qualsiasi altra possibilità, inclusa la fornitura di grandi quantità di armi all'Ucraina". Gli Usa, d'altra parte, sono da oltre 2 anni i principali sostenitori di Kiev: a maggio, il Congresso ha detto sì ad un maxi pacchetto di armi e aiuti da 61 miliardi di dollari. Il segretario alla Difesa Usa, Lloyd Austin, ha appena annunciato una nuova fornitura da oltre 2,3 miliardi di dollari che comprende anche ulteriori intercettori per la diesa aerea.

La linea in relazione alla guerra tra Ucraina e Russia è un tassello della posizione complessiva che Trump, in caso di elezione, adotterebbe nei confronti della Nato e dei partner europei.

Trump alla Casa Bianca, come cambia la Nato?

Se in passato il presidente degli Stati Uniti ha flirtato con l'ipotesi di uscita dall'Alleanza, ora la prospettiva non viene presa in considerazione. Verrebbe però perseguito un "radicale riorientamento", per usare le parole che filtrano dai consiglieri di Trump in materia di sicurezza nazionale.

Gli Stati Uniti continuerebbero a garantire un ombrello nucleare sull'Europa, mantenendo basi in Germania, Inghilterra e Turchia, con cospicuo spiegamento di forze aeree e navali. Toccherebbe però ai paesi europei occuparsi direttamente di fanteria, mezzi corazzati, artiglieria: in questi ambiti, gli Usa si accomoderebbero sul 'sedile posteriore' e il loro contributo nel Vecchio Continente diventerebbe realmente rilevante solo in caso di crisi.

Trump, come è noto, ha criticato aspramente i paesi che non hanno contribuito in maniera sufficiente alla difesa comune e ha giudicato eccessivo il carico sulle spalle americane. Nel piano del candidato si profila una Nato a due velocità: chi arriva a investire il 2% del Pil continuerebbe a godere del sostegno e della protezione americana. Secondo i consiglieri di Trump, evidenzia Politico, questo approccio non viola l'articolo 5 del Patto Atlantico, che impegna tutta l'Alleanza a difendere ogni membro attaccato. La Nato ha recentemente diffuso le cifre aggiornate: attualmente, 23 paesi su 31 raggiungono la fatidica soglia del 2%. Tra le nazioni al di sotto dell'asticella c'è anche l'Italia.

Gli Stati Uniti, secondo dati aggiornati al 2023, spendono 860 miliardi per la difesa e pesano per il 68% delle spese effettuate dai paesi Nato. Secondo Jeremy Shapiro, direttore delle ricerche dell'European Council on Foreign Relations, il 3,5% del Pil americano è destinato alla difesa dell'Europa. Washington spende per la Nato una cifra che è dieci volte quella sostenuta da Berlino. L'eventuale ridimensionamento dell'impegno americano richiederebbe un passo avanti deciso da parte dell'Europa che, osservano gli analisti interpellati da Politico, non sarebbe in grado di colmare il gap in tempi brevi.

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