Tim valuta l'invio di una lettera per ottenere una risposta formale sui tempi dell'operazione
Tim attende un segnale formale e sta valutando se sollecitarlo con una lettera a firma del Ceo, Pietro Labriola, che potrebbe arrivare a ore. Il dossier rete unica, chiaramente rallentato dalle elezioni in attesa del nuovo governo, avrebbe bisogno di un passaggio chiave: la certezza, anche sul piano temporale, di un'offerta non vincolante per l'infrastruttura. Il lavoro sta andando avanti, i team dedicati non si sono mai fermati, anche se è evidentemente cambiato il contesto. C'è però un punto fermo. Secondo quanto riferiscono diverse fonti all'Adnkronos, "l'offerta arriverà, non saranno disattesi i contenuti del memorandum già firmato, e sarà un'offerta a valori di mercato".
Il problema centrale resta proprio il prezzo, con una distanza consistente tra la cifra di partenza indicata soprattutto a fini negoziali dall'azionista Vivendi, 31 miliardi, e la stima che ne farebbe Cdp, tra 15 e 18 miliardi, secondo le indiscrezioni riportare finora.
Il perimetro dell'operazione è quello della lettera d'intenti firmata lo scorso maggio tra Tim, Cdp, Open Fiber e i fondi Kkr e Macquarie, con l'impegno di presentare una proposta entro il 31 ottobre in esclusiva, ma senza vincoli. Anche il mercato la attende. Un report di Bestinver, che ridimensiona per Tim i rischi legati al caro energia, riconosce che non ci sono problemi di liquidità e che gli acquisti di azioni da parte del Ceo sono un buon segnale, evidenzia come "solo notizie positive sulla questione della rete unica o alcuni passaggi più concreti verso la vendita di una partecipazione di minoranza in una business unit, potrebbero dare un supporto più coerente al prezzo del titolo”.
Per il resto, l'interesse a valorizzare la propria partecipazione, dovrebbe essere un interesse comune a tutti gli azionisti. Da Vivendi, che non vuole svalutarla nel bilancio della capogruppo in Francia, alla stessa Cdp, che nel tempo ha investito in Tim una cifra vicina al miliardo di euro.
Anche sul piano politico, se il via libera all'operazione è abbastanza scontato anche con un nuovo governo, non è marginale la necessità di chiudere l'operazione con un costo congruo. Interpellati dall'Adnkronos durante un confronto sulle proposte dei singoli partiti, il responsabile Innovazione di Fratelli d'Italia, Federico Mollicone, e Antonio Nicita, esponente del Pd ed ex commissario Agcom, hanno sintetizzato bene il clima in cui la rete unica dovrà muovere i suoi primi passi. “Il progetto della Rete unica ancora ci vede in ritardo. Il Parlamento ha approvato una nostra proposta all'unanimità che prevede che la Rete unica sia a controllo pubblico e ovviamente in collaborazione con i grandi operatori”, ha sintetizzato l'esponente di FdI. La risposta dalla sponda Dem contesta l'ipotesi che sia fatta a ogni costo. "Non sono d’accordo con la proposta di Fratelli d’Italia, che è una rinazionalizzazione con un riacquisto a carissimo prezzo, sproporzionato riaspetto al valore dell’asset. Non si può fare l'operazione qualunque sia il prezzo chiesto dai francesi, va fatta al minor prezzo possibile".