L'economista ed ex ministro all'Adnkronos: "Dal clima alle guerre l'accordo incorpori regole anche per gli eventi straordinari. Sospenderlo come in pandemia non è la soluzione"
Il Patto di stabilità dell'Unione europea "rimane ancora oscuro" ed "i Paesi hanno molto da discutere" ma, soprattutto, se rimane aperta la questione degli "shock ripetuti, allora rischiamo "un Patto che non è adatto a gestire grandi crisi ma solo questioni normali? Abbiamo crisi climatiche, shock ripetuti, guerra e quindi avere un Patto di stabilità che non incorpori le regole per fatti straordinari diventa un po' curioso". A porre sul tavolo questa visione e questi quesiti è l'economista Enrico Giovannini analizzando con l'Adnkronos le criticità aperte dell'accordo sulle politiche europee di bilancio, un nuovo Patto al centro anche dell'incontro, a Berlino, fra il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ed il cancelliere tedesco, Olaf Scholz. Giovannini - due volte ministro, del Lavoro nel Governo Letta e delle Infrastrutture nel governo Draghi - segnala quindi "tre elementi" su cui ragionare in vista di una eventuale modifica del Patto di stabilità. Il primo punto evidenziato da Giovannini è che "il Patto così come proposto dalla Commissione europea, cioè di definire dei piani di rientro attraverso degli accordi fra la Commissione europea ed i singoli Paesi, mi sembra un passo avanti perché magari evitiamo di occuparci solo dei saldi 'deficit-debito' ma, attraverso questi patti, forse, si può anche incidere su 'opposizione di entrate e spese'". "Un po' come è andata con il Pnrr, si deve far capire - osserva - come si fa evolvere la fiscalità: se si spende in investimenti o in spese correnti". Questo, prosegue nel suo ragionamento Giovannini, "è un aspetto fondamentale perché anche la politica fiscale deve portare transizione ecologica, transizione digitale, riduzione delle disuguaglianze: cioè gli obiettivi dell'Ue". E questo, aggiunge l'ex ministro, "mi sembra un primo passo nella giusta direzione". Però, avverte, "bisogna definire come tutto questo accade".
Il secondo elemento individuato da Giovannini è che "anche questo nuovo Patto ha una serie di contraddizioni difficili da comprendere". "Secondo il trattato le spese necessarie per ripristinare un territorio dopo un danno ambientale - per esempio un'alluvione - sono escluse dal Patto di stabilità, quelle invece che servono ad evitare che un'alluvione diventi un dramma, quelle invece sono incluse. Cioè la prevenzione è inclusa e la riparazione dopo no. Quale è la logica di tutto questo?" si chiede l'economista che teme una brusca frenata alle politiche resilienti. Giovannini spiega la contraddizione ricordando che "quando è stato scritto il trattato si immaginava che gli eventi estremi atmosferici o i terremoti o le crisi fossero rari ma noi sappiamo che non lo saranno. Allora ha un senso una contraddizione di questo tipo?". Per l'ex responsabile dell'Istat e docente all'Università di Roma Tor Vergata, tuto ciò "potrebbe indurre i singoli Paesi a non investire in prevenzione ma soltanto in riparazioni. La cosa non ha alcun senso".
Terzo elemento analizzato da Enrico Giovannini è: "Nel caso di un altro shock violento, come il Covid o una crisi finanziaria, il Patto di stabilità ha delle regole che possono essere adattate a crisi così o l'unica alternativa al Patto è di sospendere il Patto?". La cosa"paradossale" secondo l'ex ministro, "è che il rapporto - che ormai ogni anno la Commissione fa sulla previsione strategica su rischi e opportunità - ci dice che il futuro sarà pieno di shock ma noi stiamo adottando un Piano che, per definizione, non è in grado di gestire shock. Come si conciliano queste cose?". "Quindi abbiamo un Patto di stabilità che non è adatto a gestire grandi crisi ma solo situazioni pseudonormali" avverte. "E di tutto questo - che è un dibattito anche italiano anche se non se ne parla e magari si discute dello zero virgola qualcosa - non mi sembra" che ci sia nulla nel documento, quindi "mi chiedo se questo Patto abbia incorporato le lezioni di questi anni". "La scelta, faticosa, della Commissione Europea, dell'Unione europea, è ragionare di vulnerabilità e resilienza come fattori e non come episodi" sottolinea inoltre Enrico Giovannini che "nel Joint Research Center della Commissione europea" aveva lavorato "su resilienza e sostenibilità, elaborando un framework che metteva al centro la resilienza nelle politiche". Il tema della resilienza "è cruciale" incalza Enrico Giovannini ricordando che lo scoppio della pandemia è stato strategico per questa nuova visione, tanto che "la seconda 'R' del Pnrr nasce così", nasce "perché il Gabinetto della presidente Ursula von der Leyen ha assunto quell'approccio che avevamo sviluppato in quegli anni al Jrc: il tema della resilienza è stato ed è cruciale". "Ma si accetta la logica della resilienza, e della resilienza trasformativa - come avevamo sviluppato il concetto in quegli anni - solo se si accetta che il futuro è pieno di shock. L'Unione ha capito questo al punto tale che ha definito il 'recovery e resilience facilities' ma poi, quando andiamo a discutere del Patto di Stabilità, tutto questo ce lo dimentichiamo di nuovo" scandisce infine. (di Andreana d'Aquino)