In caso di emergenza si partirebbe dalle industrie energivore e da più carbone per l'elettricità
Ci sono state le allusioni, poi le parole più allarmate. Ora ci sono i fatti. L'ipotesi di dover fare a meno del gas russo diventa sempre più concreta. E soprattutto per l'Italia è da tempo iniziata la corsa contro il tempo per riuscire a fare a meno delle forniture da Mosca, visto che Putin sta già iniziando a chiudere i rubinetti. E che oggi Gazprom ha ridotto ancora di un terzo la quantità di gas che quotidianamente gira all'Eni.
Il governo è da tempo consapevole della gravità della situazione e sta tentando di ridurre al massimo un impatto che inevitabilmente ci sarà. "La crisi energetica è gravissima, i rischi sono altissimi per l'inverno, se il gas russo dovesse fermarsi", ha detto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Roberto Garofoli. "E' una corsa contro il tempo", ha avvertito. Il rischio "è che il gas russo non arrivi o che arrivi in quantità minori. Siamo impegnati nel riempimento degli stoccaggi, dobbiamo arrivare al 90% prima che inizi l'autunno".
La strada che si è scelta per ridurre fino ad azzerare la dipendenza dalla Russia è fatta di un mix di interventi di breve termine, per tamponare l'emergenza, e di medio termine per affrontare il problema da una prospettiva strutturale. Da una parte le forniture alternative di gas, dall'altra l'accelerazione sulle rinnovabili e la produzione nazionale. La variabile che resta in mezzo è quella dei consumi. Andranno ridotti? Come e quanto, e partendo da chi? Le prime risposte iniziano ad arrivare. Se si dovesse alzare il livello dell'emergenza, si partirebbe dal razionamento del gas per industrie energivore, quelle che per funzionare ne consumano di più, e da un maggiore utilizzo delle centrali a carbone per la produzione di elettricità.
E' evidente come il breve termine, e quindi l'emergenza, sia in contrasto con gli obiettivi della transizione energetica e con il medio-lungo termine. Ma la situazione impone di mettere in ordine le priorità. E ci sono poche misure che si possono attuare subito. Altre arriveranno subito dopo. "In questo momento c'è la necessità di emanciparsi dalla importazione russa che, come vediamo quotidianamente, è oggetto di incertezza", ha evidenziato Stefano Venier, amministratore delegato Snam. Su questo fronte, ha ricordato, "oltre ad ottimizzando gli assi già disponibili, abbiamo comprato due navi". Due rigassificatori galleggianti che "contiamo di rendere operativi uno già l'anno prossimo e l'altro l'anno successivo proprio nei tempi più rapidi possibili perché il tempo è una risorsa che non dobbiamo sprecare". Prima dell'anno prossimo e dell'anno successivo, però, c'è il prossimo inverno. "Stiamo lavorando sugli stoccaggi. A ieri sera siamo arrivati a disporre di 6 miliardi e 100 milioni di metri cubi degli stoccaggi che corrispondono al 64% dell'obiettivo che ci siamo dati, ovvero 11 miliardi. Il nostro contribuito è stato di un miliardo e mezzo e contiamo di continuare a dare il nostro sostegno".
In questo scenario, tutt'altro che semplice, c'è il tema del risparmio energetico. Può contribuire e deve contribuire, ma non può risolvere il problema da solo. "Risparmiare energia è un dovere" e le misure di sobrietà dei consumi sono semplici ma consentono forti risparmi, ha ricordato il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani. Quanti risparmi? "Se abbassassimo di un grado la temperatura media del riscaldamento e diminuissimo di un'ora il periodo di riscaldamento giornaliero potremmo risparmiare circa 1 mld e mezzo, 2 miliardi di metri cubi di gas. Così come il passaggio ai sistemi di illuminazione a led consentirebbe di arrivare a risparmi totali di circa mezzo miliardo di metri cubi di gas annuali".
E' un contributo importante, e servirà, ma nella corsa contro il tempo per tenere in piedi il sistema energetico italiano servono anche immediate e 'dolorose' correzioni rispetto alle abitudini. E arriveranno anche quelle.
(di Fabio Insenga)