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Covid, il tessuto italiano che neutralizza il virus

C'è un metallo in grado di neutralizzarlo in poco tempo: il rame. Un'azienda tessile del comasco, Italtex, ha realizzato il Virkill che sfrutta nano-particelle di rame "fuse" nel filo con un processo industriale

Immagine di repertorio (Fotogramma)
Immagine di repertorio (Fotogramma)
19 ottobre 2020 | 18.33
LETTURA: 3 minuti

Il Covid19 resta sulle superfici, ma c'è un metallo in grado di neutralizzarlo in poco tempo: il rame. Un'azienda tessile del comasco, Italtex, ha realizzato un tessuto che permette di abbattere il Sars-Cov-2 in due ore. Si chiama Virkill e sfrutta nano-particelle di rame "fuse" nel filo con un processo industriale. Le capacità del tessuto sono state testate dall'University College di Londra: la sua 'Virology Research Services' ha riscontrato un indice Mv, che misura l'attività antivirale, pari a 3.25, risultato che corrisponde a un’inattivazione del virus Sars-CoV-2 superiore al 99,9% dopo due ore. "Per noi è una svolta, ci interessa costruire una filiera, soprattutto per l'industria alberghiera e per il mondo sanitario", spiega all'Adnkronos il presidente di Italtex, Alessandro Pedretti, che ha deciso di scommettere sulle proprietà del rame.

"In natura, il rame è sempre stato un metallo antibatterico e antivirale. Negli Usa e in Cile, ad esempio, è molto utilizzato in campo medico per le barelle, i porta-flebo e le maniglie negli ospedali". Da qui, il tentativo, andato a buon fine, di conferire questa capacità a un tessuto. "In pratica - precisa l'imprenditore - il rame agisce chimicamente, estraendo una molecola di idrogeno dal Dna del virus e inattivandolo". Oltre al Covid19, "è stato testato sull'A/H1N1, sull'Hiv, sui batteri e sui funghi, per analoghi utilizzi".

I risultati delle analisi sono promettenti: "Ad agosto, il laboratorio di ricerca di Londra che abbiamo contattato era tra i quatto al mondo che potevano maneggiare il Sars-Cov-2 e con i test abbiamo capito che il tessuto permetteva performance notevoli". L'azienda di Cabiate, 70 anni di storia alle spalle, ha registrato il marchio ed è pronta a partire con la produzione. "Prima del lancio ci interessava costruire una filiera. Per ora non siamo interessati a produrre mascherine perché è un business saturo. Il canale principale a cui guardiamo ora è l'horeca (hotel, ristorazione, spa), con un focus su lenzuola e tovaglie, spesso veicoli di trasmissione del virus".

L'altra possibilità è quella di realizzare divise per medici ospedalieri, medici di base, dentisti e veterinari. "Gli impieghi sono svariati, andremo poi segmento per segmento a individuare la clientela". Il tessuto, tra il giallo e l'arancione, è a tutti gli effetti simile a qualsiasi altro sintetico. "Al tatto sembra nylon o qualsiasi altro tessuto tecnico". Potenzialmente, abbattendo il virus, "è riutilizzabile all'infinito" e anche più ecocompatibile, a differenza dei materiali e dei camici 'usa e getta'.

Per l'azienda tessile, che lavora per lo più con il settore della moda, non sono stati mesi facili. "Il lockdown - racconta Pedretti - ci ha dato tempo per pensare. Fino a marzo stavamo andando benissimo e poi c'è stata la battuta d'arresto. Con il nostro fornitore di materiale abbiamo ragionato sulla possibilità di sviluppare questo tipo di articoli, per noi una novità, un vero 'spin off'. Oggi è un'opportunità per diversificare il prodotto in un periodo critico". L'ottica, però, è di lungo periodo: "Ci siamo impegnati tanto, ma i test non sono finiti. Stiamo verificando la possibilità di colorare il tessuto senza intaccare le proprietà intrinseche del materiale. Pensiamo già a quello che potrebbero chiederci tra qualche mese per dare continuità al tessuto".

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