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Conti correnti, come evitare i controlli del fisco

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25 novembre 2016 | 09.36
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Dal 31 marzo scorso, ossia dalla creazione dell'Anagrafe dei conti correnti (bancari o postali), il fisco viene a conoscenza di ogni versamento, prelievo, bonifico e operazione fatta con il Bancomat o con la carta di credito, ogni movimento di titoli, prodotti finanziari o assicurativi. Ciò significa che muovere i propri depositi di credito o di debito è, potenzialmente, un'operazione a rischio, come ricorda il portale 'LaLeggePerTutti.it'.

Il decreto Salva Italia di fine 2011 ha consentito l'ingresso nei database del fisco dei dati di sintesi dei conti correnti (saldo a inizio e fine anno, totale degli accrediti e degli addebiti effettuati e la giacenza media annua). Ma ci sono anche altre informazioni relative a rapporti finanziari come, ad esempio, carte di credito, di debito o prepagate, cassette di sicurezza, che in realtà non possono essere usate per controlli a tappeto ma per quella che viene chiamata 'analisi di rischio'. Attraverso una serie di algoritmi, vengono individuate le posizioni più sospette di evasione e su quelle si concentrano le indagini e i successivi accertamenti fiscali.

L'obiettivo dell'Agenzia delle Entrate è quello di capire se ci sono dei movimenti 'in nero' sui conti correnti, cioè entrate o uscite di denaro non dichiarate al fisco. La legge di Stabilità fissa in 3mila euro il tetto del prelievo in contanti presso lo sportello bancario senza dover dare delle spiegazioni. Ma, in realtà, il titolare di un conto corrente potrebbe prelevarne di più: il rischio però è che l'impiegato della banca faccia una segnalazione per verificare un eventuale riciclaggio.

Nel caso ci fossero dei sospetti concreti su un caso simile, l'avviso finirebbe sul tavolo del procuratore della Repubblica, ma se il correntista ha la coscienza tranquilla non ha nulla da temere.

Se è vero che il titolare di un conto corrente può prelevare più di 3mila euro in un colpo solo, su richiesta della banca deve darne giustificazione: tuttavia, i movimenti superiori ai 12.500 euro (soglia oltre la quale scatta l'obbligo del bonifico bancario) possono essere realizzati solo attraverso un intermediario finanziario.

Nessuna soglia per i prelievi, dunque, e sogni tranquilli per chi non è un farabutto. Ma il fisco può intervenire lo stesso di fronte a un prelievo consistente, magari ripetuto più volte nell'arco di un tempo relativamente breve: all'Agenzia delle Entrate può venire il sospetto che quel denaro sia utilizzato per un investimento che ci serve a fare un po' di soldi in nero.

Quindi, al momento di entrare in banca per prelevare una somma importante, bisogna sapere quale rischio si corre e come evitarlo. Soprattutto se, per colpa del redditometro, l'Agenzia delle Entrate scopre che i soldi che prelevo dal conto sono superiori a quelli che dichiaro. Se questa differenza eccede del 20% non c'è scampo: l'Agenzia busserà alla porta del correntista. In ogni caso, conviene evitare di fare prelievi troppo elevati dal conto e spendere quei soldi in un bene che non si riesce a mantenere.

Un altro 'trucco' per evitare controlli fiscali sui prelievi è tenere sempre in archivio tutta la documentazione riguardante i soldi portati via dal conto. E' importante poter giustificare il denaro prelevato, soprattutto quando si ha un'attività commerciale o imprenditoriale, nei confronti delle quali c'è sempre una presunzione del nero. Non c'è modo migliore per evitare i controlli del Fisco che effettuare i pagamenti più importanti tramite bonifico, assegno o carta di credito anziché in contanti: ne resta sempre traccia, anche a distanza di tempo, anche quando, a memoria, vai a sapere perché è stato fatto quel prelievo e dove sono andati a finire i soldi.

Chi pensa però che, per spendere 5mila euro in nero in un dato giorno, possa evitare di dare nell'occhio prelevando dal conto corrente 250 euro per volta, si sbaglia. Si pone sempre il problema del reddito: il correntista può permettersi di prelevare quella somma in un mese? Se la risposta è no, scatta l'accertamento.

Se il denaro invece serve per un prestito o una donazione, meglio fare una scrittura privata con data certa che possa giustificare il movimento di soldi. Esistono diversi metodi per fornire tale certificazione a un documento, ma il più utilizzato è la spedizione dello stesso, con plico piegato su se stesso (quindi senza busta), ove viene fatto apporre il timbro postale: timbro che, essendo certificato da un pubblico ufficiale, farà piena prova della data. Questo documento, sigillato e munito del timbro postale di data certa, andrà conservato per almeno cinque anni.

Quali sono i rischi per chi viene sorpreso a prelevare contante oltre la soglia consentita? Per le violazioni è prevista una specifica sanzione amministrativa dall'1% al 40% dell'importo trasferito. La sanzione non è mai inferiore a 3mila euro, mentre le violazioni che superano i 50mila euro vengono punite con una sanzione pari a cinque volte il minimo.

Rischia anche l'operatore di banca che viene a conoscenza della violazione ma sta zitto: può ricevere una sanzione pecuniaria dal 3 al 30% dell'importo dell'operazione, partendo sempre da un minimo di 3mila euro.

Per il fisco, inoltre, non c'è più il segreto bancario. La lotta all'evasione fiscale portata avanti dall'Agenzia delle Entrate autorizza i suoi funzionari a sapere ogni dettaglio dei conti correnti, ma anche di qualsiasi tipo di investimento, compresa la compravendita d'oro. Pertanto la privacy di un correntista non è più esclusiva della banca o delle Poste, dove sono depositati i risparmi. Banca e Poste sono tenute a dare al fisco qualsiasi tipo di informazione venga richiesta. Il Garante ha lanciato l'allarme ma, per ora, non ha ottenuto risposte.

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