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C'è uno 'zoo' nella Divina Commedia di Dante Alighieri

Leonardo Canova, docente dell'Università di Pisa, firma il primo studio sistematico e completo sulla presenza del mondo animale nel capolavoro dantesco

Leonardo Canova  (Foto dell'Università di Pisa)
Leonardo Canova (Foto dell'Università di Pisa)
01 dicembre 2022 | 11.00
LETTURA: 3 minuti

E' straordinariamente sorprendente la quantità di animali che popolano l'universo dantesco della Divina Commedia: lupi, pecore, agnelli, api, lucciole, serpenti, aquile, ma anche animali mitologici come la fenice o il grifone. Appena pubblicato, il "Bestiario onomasiologico della Commedia" (Franco Cesati Editore, 2022) di Leonardo Canova è il primo studio sistematico e completo che affronti la presenza del mondo animale nel capolavoro di Dante Alighieri, sia sul piano linguistico che su quello simbolico. Una ricerca che ha fatto emergere nello 'zoo' creato da Dante Alighieri tra Inferno, Purgatorio e Paradiso poco meno di un centinaio di bestie, una novantina per la precisione.

Leonardo Canova, docente all'Università di Pisa dove collabora nell'ambito del progetto Hypermedia Dante Network e assegnista presso l'Opera del Vocabolario Italiano (Ovi-Cnr), ha iniziato la sua ricerca sullo 'zoo' dantesco durante il dottorato conseguito all'Università di Pisa come allievo del professore Fabrizio Franceschini. La sua tesi, premiata fra le 14 migliori dell'Ateneo nel 2021, è adesso diventata un libro.

Canova ha contato complessivamente circa novanta diversi animali che popolano la Commedia e che ritornano nel testo per più di duecento volte, seicento se si allargano i riferimenti alle varie parti del corpo, come le ali oppure le zampe. Nel suo libro ogni presenza è dettagliatamente schedata e analizzata seguendo l'impostazione degli antichi bestiari. Le 177 voci comprendono ad esempio "piccoli animali che vivono in prossimità dell'uomo", "animali dei campi e delle foreste", uccelli rapaci, acquatici e da cortile, pesci, rettili, insetti utili e dannosi, crostacei e molluschi.

"Già prima di Dante, in epoca tardoantica e poi medievale, c'erano state molte visioni dell'aldilà, ma, se così si può dire, chi era stato all'Inferno prima di Dante aveva visto molti meno animali, giusto un po' di vermi che mangiavano i dannati, qualche insetto, qualche serpente: sicuramente non questa varietà", racconta Canova.

"Si tratta in gran parte di animali reali, anche se c'è da premettere che nel Medioevo la distinzione tra animali reali e fantastici era abbastanza labile e, ad esempio, si credeva comunemente che la Fenice esistesse, mentre circolavano notizie fantasiose anche su animali diffusissimi come la capra o il castoro - continua Canova – quella degli animali è poi una presenza non del tutto omogenea: ce ne sono di più nell’Inferno, un po' meno nel Purgatorio e ancora meno nel Paradiso, ma in ogni caso sono ovunque, dal primo canto, con le tre fiere, al trentunesimo della terza cantica, dove l'ultima – straordinaria - immagine animale ha per protagoniste le operose api del grazie alle quali il poeta delinea un meraviglioso affresco delle schiere angeliche che si infiorano tra i petali della candida rosa".

"Il tentativo . conclude Canova - è di indagare il vastissimo retroterra culturale dantesco e le complesse stratigrafie semantiche sottese ad ogni singola presenza zoologica ricostruendo caso per caso il complesso dei significati affidati ai singoli esseri nella cultura medievale, per valutare se e in che misura la loro conoscenza possa facilitare la decodifica del testo dantesco".

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